Emerge il fatto indiscutibile che ad avvantaggiarsene sia stata quasi esclusivamente l’università, mentre le aree verdi, le bambinopoli, i parchi archeologici prospettati per gli abitanti dei quartieri non sono mai nati.
I centri culturali Midulla e Concordia, sorti dalla riqualificazione di vecchie sale cinematografiche nella zona di san Cristoforo, sono gli unici edifici rimasti nella piena disponibilità del Comune, che li sta lasciando morire per mancanza di fondi.
Evidentemente la palestra, la sala studio, le biblioteche, i servizi che avrebbero dovuto ospitare non sono considerati necessari in un quartiere degradato, con livelli molto alti di disoccupazione e dispersione scolastica, e con pochissime strutture per bambini e ragazzi…
Caso emblematico dell’accaparramento da parte dell’Università, accanto alla riqualificazione di alcune aree dell’Antico Corso, di cui Argo si è già più volte occupato, è quello del Laposs, il Laboratorio di Progettazione Sperimentazione ed Analisi di Politiche Pubbliche e Servizi alle Persone, realizzato in via Dusmet 163.
Pensato per la formazione linguistica soprattutto degli immigrati, ha offerto servizi a questi ultimi solo nella fase iniziale. Oggi è ampiamente sottoutilizzato e comunque frequentato esclusivamente da studenti.
Da questa vera e propria inchiesta, molto documentata, traspare una triste lezione: una certa continuità fra le amministrazioni che si sono succedute nel tempo, sia pure articolata in forme diverse.
I soldi, infatti, sono arrivati al tempo di Bianco e sono stati spesi – come abbiamo visto- deviandoli dall’originaria destinazione, quella della riqualificazione dei quartieri popolari. L’Università, principale beneficiaria dei finanziamenti, ne ha fatto talora un pessimo uso.
Le successive amministrazioni di centrodestra, per la parte che riguarda le strutture del Comune, si sono limitate a far vivacchiare quanto era stato fatto, riducendolo progressivamente al lumicino o chiudendolo per mancanza di fondi.
Nulla è stato fatto per promuovere, nella loro gestione, le realtà organizzate degli stessi quartieri interessati, nei pochi casi in cui queste esistevano.
Perché anche questo è un risvolto amaro della questione: a fronte dell’incapacità e delle inadempienze dell’Ente pubblico c’è una cosiddetta società civile che, tranne rare eccezioni, si contenta di delegare passivamente ed è incapace di assumere ruoli propositivi o, quanto meno, di controllo.
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