L’attenzione della Chiesa rispetto alla storia è stata al centro della terza conversazione tenuta da don Ruggieri per la ricorrenza dei cinquanta anni dall’inizio del Vaticano II.
Giovanni XXIII, nel convocare questo concilio, si era fatto interprete della diffusa percezione del mutamento epocale che era in corso e gli aveva assegnato il compito di riformulare la ‘sostanza viva’ del Vangelo per renderlo meglio comprensibile agli uomini del tempo.
All’apertura dei lavori, nell’ottobre del 1962, dissentendo dai “profeti di sventura” che annunziavano eventi sempre infausti, sosteneva che “nel presente momento storico, la Provvidenza ci sta conducendo ad un nuovo ordine di rapporti umani che per opera degli uomini e per lo più al di là della loro stessa aspettativa, si volgono verso il compimento di disegni superiori e inattesi; e tutto, anche le umane avversità, dispone per il maggior bene della Chiesa.” (discorso di apertura del concilio)
E non si trattava di superficiale ottimismo ma di un frutto della sua fede nel Cristo “sempre splendente al centro della storia”.
Per capire la portata profondamente innovativa di queste affermazioni basterebbe risalire alle parole con cui, nel 1832, Gregorio XVI leggeva la storia contemporanea sotto il segno di una “congiura dei malvagi” che non permetteva indulgenza alcuna da parte della Chiesa e imponeva piuttosto di “reprimere con il bastone” i vari errori.
Il compito assegnato da Roncalli ai padri conciliari era invece quello di leggere, alla luce del Vangelo, i ‘segni dei tempi’, perché, diceva, “ci sembra di scorgere in mezzo a tante tenebre indizi non pochi che fanno bene sperare sulle sorti della chiesa e dell’umanità.”
Nell’enciclica “Pacem in terris” (1963) ne elencava alcuni: l’ascesa economico-sociale delle classi lavoratrici; l’ingresso delle donne nella vita pubblica; la fine del colonialismo; la necessità di promuovere e mantenere la pace nonostante il persistente pericolo della guerra.
Si trattava, in altri termini, di cercare nella storia concreta degli uomini le tracce della venuta di Dio in mezzo a loro, lasciandosene interpellare.
Questa visione positiva della storia comportava, per altro verso, il rifiuto di ogni condanna, che non significa tanto disconoscere l’esistenza di errori quanto affermare che ora la chiesa “preferisce usare la medicina della misericordia piuttosto che della severità. Essa ritiene di venire incontro ai bisogni di oggi mostrando la validità della sua dottrina, piuttosto che rinnovando condanne”.
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Caso esemplare di questo diverso atteggiamento nei confronti della storia moderna fu l’approvazione in extremis, dopo un percorso particolarmente accidentato, della dichiarazione sulla libertà religiosa, la Dignitatis humanae, con la quale la chiesa ritornò ad affermare la libertà della coscienza umana nei confronti della scelta religiosa.
Secondo il teologo K. Rahner, una delle ‘menti’ del concilio, ce n’era abbastanza per affermare che il Vaticano II stava avviando una nuova epoca nella storia della chiesa, “l’inizio di un inizio” per
E’ possibile considerare ancora valida questa prospettiva?
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