Catania, come tutti sanno, pullula di iniziative
La prima, quella che sta avendo maggiore rilievo pubblicitario, vorrebbe avere un taglio documentario e cronologico, coprendo il periodo che va dal 1951 al 2003.
Contiene un centinaio di foto, in parte di un autore anonimo, in parte attribuite a personaggi che hanno fatto la storia della fotografia a Catania come Consoli, D’Agata e, più recentemente, Fabrizio Villa.
Avendo la pretesa di presentare foto di cronaca e trattandosi di opere di fotografi così illustri, si poteva certo fare uno sforzo per essere meno sciatti e superficiali nella presentazione: a parte una essenziale indicazione cronologica -talvolta peraltro ridicolmente generica, del tipo: 1953-1960; oppure “fine anni ’60 – inizi anni ’70”- non ci si è presi nemmeno la briga di indicare i nomi dei personaggi che vi compaiono, molti dei quali facilmente identificabili, o il momento della festa che viene ritratto.
In un album di famiglia questi elementi non mancano mai, in un’iniziativa inserita fra le manifestazioni culturali della più importante festa cittadina, si sarebbe potuto fare qualche sforzo in più, soprattutto a favore dei turisti e dei più giovani, ai quali quelle foto appariranno troppo generiche, non andando al di là del ‘come eravamo’. Un’occasione sprecata, insomma.
Piccola nota a margine: la visita alla mostra è ufficialmente gratuita ma, trovandosi all’interno del Museo, si è gentilmente pregati di pagare il relativo biglietto d’ingresso, sia pure in misura ridotta (€3 invece di €7). E può capitare, come è capitato a noi, che, tranne la sala in cui sono esposte le foto, tutte le altre siano al buio!
Più modesto il battage pubblicitario, ma forse meno pretenziosa e più interessante, la mostra visibile nei magnifici locali della Biblioteca Ursino-Recupero, dove sono esposte foto di Salvo Sallemi, Francesco Barbera e Lidia Crisafulli.
Queste foto, quasi tutte in bianco e nero, si presentano con il taglio della foto d’arte e, in questo senso, restituiscono un’immagine della festa più intima e suggestiva, nella cura delle inquadrature o nella ricerca dei primi piani, un’immagine in cui sono prese in considerazione le persone che vi partecipano e l’atteggiamento interiore con cui lo fanno, piuttosto che l’avvenimento in sé, peraltro sempre uguale a sé stesso.
Completa, e rende ancora più significativa la mostra, il prolungamento di quella dei quadri di Renzo Di Salvatore, che ricostruiscono, a cavallo fra storia e fantasia, come sarebbero dovute apparire le porte della antiche mura della città, dette di Carlo V, prima della loro distruzione ad opera della lava del Monti Rossi, del terremoto del 1693 e, infine, per mano d’uomo.
Anche questa mostra, poco pubblicizzata, se fosse stata integrata da carte, documenti storici e da foto di
Ma i catanesi, si sa, non amano molto la loro storia, sono uomini ‘concreti’, loro.
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