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Ora di religione e insegnamenti alternativi

L’ora di religione cattolica (IRC) è un obbligo per lo Stato, ma non per gli studenti, che possono decidere se avvalersene o meno. In quasi tutte le scuole c’è, però, un’anomalia. Infatti, agli allievi che decidono di non frequentare l’ora di religione non viene mai proposta, nonostante sia espressamente prevista, la possibilità di usufruire degli ‘insegnamenti alternativi’.
Secondo il nuovo Concordato (siglato nel 1984 dal governo Craxi con il Vaticano) lo stato italiano deve garantire l’insegnamento della religione cattolica in tutti i ‘segmenti’ della scuola. “La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i princìpi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado“.
Va, comunque, sottolineato che “nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento. All’atto dell’iscrizione gli studenti o i loro genitori eserciteranno tale diritto, su richiesta dell’autorità scolastica, senza che la loro scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discriminazione”.
Per quanto riguarda l’insegnamento tutto sembra ‘filare liscio’, nel 2003 (legge 186) , infatti, è stata prevista l’assunzione a tempo indeterminato di oltre 15.000 insegnanti di religione (quasi il 90% laici), assunti – e stipendiati – dallo Stato, ma sottoposti all’autorità diocesana che può revocare autonomamente, e senza che lo Stato possa intervenire, l’idoneità dell’insegnante per gravi motivi, come, ad esempio, incapacità didattica o pedagogica, e/o condotta morale non coerente con l’insegnamento.
Più complicata la situazione dei non avvalentesi. Innanzitutto va precisato che (sentenza n.203/1989 Corte Costituzionale) possono operare scelte diverse: usufruire dei cosiddetti insegnamenti alternativi; utilizzare le ore per “studio individuale assistito o libero”; uscire dall’edificio scolastico (eccezion fatta per gli alunni delle scuole materne comunali, i quali hanno solo la possibilità di non avvalersi dell’IRC).
Al momento dell’iscrizione, però, quasi nessuna scuola informa gli studenti, e le loro famiglie, sugli insegnamenti alternativi che verranno concretamente attivati, spesso sostenendo di non avere fondi disponibili. Un’assenza di informazioni che, evidentemente, condiziona la scelta e complica il percorso di studio, visto che, secondo alcuni dirigenti scolastici essa non può essere modificata nel corso del medesimo anno di frequenza. Su quest’ultimo punto segnaliamo la sentenza del TAR del Molise che, nel 2012, ha sancito che anche nel corso dell’anno si può legittimamente cambiare idea.
In quest’articolo non entriamo nel merito della coerenza dell’insegnamento di una confessione religiosa per uno stato laico, anche se riteniamo che sarebbe utile una riflessione pubblica, partendo, per esempio, dalle recenti sollecitazioni del ministro Profumo: “Nelle nostre classi il numero degli studenti stranieri e, spesso, non di religione cattolica tocca il 30 per cento. A questo punto sarebbe meglio adattare l’ora di religione trasformandola in un corso di storia delle religioni o di etica”.
E, più in generale, ragionando sulle affermazioni del giurista M. Ainis (Chiesa padrona, 2009) che individua nel concordato anche aspetti incostituzionali, visto che conferisce a una specifica confessione religiosa un ruolo privilegiato.
Torniamo, però, agli insegnamenti alternativi. Secondo il Consiglio di Stato (sentenza n.2749/2010) “la mancata attivazione dell’insegnamento alternativo può pertanto incidere sulla libertà religiosa dello studente o delle famiglia”.
In effetti, non c’è alcun motivo per rinunciare all’attivazione dell’ora alternativa per la cui realizzazione le regioni acquisiscono annualmente risorse specifiche. Più precisamente, tali fondi sono gestiti dal MEF, tramite le direzioni provinciali dell’Economia e delle finanze, sui Capitoli 2711 scuola materna; 2709 scuola primaria; 2710 scuola secondario primo grado; 2703 scuola secondaria secondo grado.
Dunque, nessun alibi per le scuole che, non dovendo attingere al sempre più ridotto fondo di istituto, possono tranquillamente attivare gli insegnamenti alternativi, ampliando, così, le proprie proposte didattico-educative, utilizzando fondi già stanziati.
Per ultimo, rimane il problema del reclutamento del personale (riguarderebbe migliaia di precari). Si potrebbero applicare, in questo caso, le medesime modalità previste per il sostegno.

Argo

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