Il libro sintetizza il lavoro di riflessione e ricerca sviluppato per circa un anno da donne fra i 53 e i 70 anni, che, in 10 laboratori distribuiti su tutto il territorio nazionale, hanno provato a leggere il loro vissuto in funzione della “reinvenzione” del presente.
Non un elenco di storie individuali, ma il tentativo di ragionare sui percorsi di chi, nel passato, ha avuto il coraggio di navigare in mare aperto per riflettere “sulla biografia della nazione”.
Nessuna pretesa, come hanno affermato le curatrici, di ricondurre le tante, e varie, storie a sintesi: si tratta di persone che “hanno rotto i copioni” in modi diversi, e da diverse collocazioni, utilizzando tutte, però, lo sguardo proprio delle donne.
Uno sguardo originale rivolto all’amore, al corpo, alla maternità, al lavoro. E accanto alla forza, c’è posto per la fragilità e la debolezza. C’è posto per la riflessione sulle “orme lasciate”, i diritti conquistati, le disillusioni, la difficoltà di trasmettere e condividere un’esperienza così significativa.
E allora, re-inventare l’età matura significa avere il coraggio di mettere in discussione ciò che si è state, per affrontare le contraddizioni del presente.
Che a confrontarsi con queste problematiche siano state chiamate due donne, accomunate dal lavoro ma differenti per età, ha permesso di “proseguire la ricerca”, perché le “orme” e il rapporto passato-presente sono stati arricchiti da altri, e ulteriormente diversi, contributi “autobiografici”.
Katia Perna ha sottolineato come la memoria di queste donne sia diventata fatto, restituendoci quell’ansia di cambiamento che negli anni sessanta-settanta, ha attraversato l’intera società. Un “uscire dal bozzolo” segnato, innanzitutto, dalla conquista del lavoro, e dal persistere di contraddizioni e pudori, che emergono, per esempio, quando si tratta di raccontare la propria sessualità.
E, nel contempo, la capacità di “rompere i canoni”, di farlo in una dimensione pubblica, legata allo spirito e alle lotte del tempo. Un patrimonio di conquiste tanto più significativo in una situazione, come quella odierna, nella quale tanti diritti sono messi in discussione. Per questo, ha concluso Katia Perna, nessuna di queste donne può permettersi il lusso di andare in pensione.
Graziella Priulla ha ripercorso dall’interno la storia delle “donne delle prime volte”. Le prime a studiare, a entrare nella vita pubblica, a lavorare, a vivere la maternità in modo consapevole, a viaggiare da sole. Donne che hanno modificato così profondamente la realtà tanto che le nuove generazioni hanno considerato “naturali” i diritti ricevuti.
E allora il sapere accumulato non è solo memoria, diventa futuro. Si tratta di madri che nutrono e che narrano, donne che sono state capaci di rompere gli schemi, di conquistare l’autonomia, che non hanno avuto paura di stare da sole, di confrontarsi anche con qualcosa che prima non si conosceva, il proprio corpo. Ragioni decisive per difendere questa storia comune, impedirne la
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un modo di essere unica è quello di calzare scarpe con plateau e tacco 15.E' la dimostrazione che la donna avrà ancora davanti almento 50 anni per poter raggiungere un minimno grado di civiltà.Studi, ricerche e convegni non potranno mai azzerare quel modesto livello di civiltà che ha raggiunto la donna nell'era dell'economia capitalistica globalizzata.