Frantumazione, parcellizzazione del movimento delle donne o, invece, diversificazione di questo su più fronti di combattimento? Forse l’una e l’altra. E’ così che vogliamo leggere questa molteplicità di interventi, visto che l’obiettivo di tutte le donne, delle organizzazioni, associazioni, movimenti e gruppi è unico e condiviso, la lotta al femminicidio.
Qualunque sia lo slogan, il target di tutte rimane porre fine a questa assurda mattanza che porta in Italia all’assassinio di una donna ogni tre giorni e che determina la prima causa di morte nel mondo per le donne tra i 16 e i 44 anni. Ad uccidere è il compagno, il marito, il fidanzato, l’amante che dice di farlo per amore e non per affermare il dominio, la voglia di possesso.
Così domenica 25 novembre, un consistente corteo di donne principalmente -ma c’erano anche uomini- si è snodato da piazza Stesicoro a piazza Università. Sul primo striscione una scritta unificante “Catania contro la violenza alle donne“.
In piazza Università microfono aperto per tutti coloro che hanno voluto prendere la parola, dall’assessore alle pari opportunità del Comune di Catania Carmencita Santagati a Marina La Farina de Le Voltapagina/Snoq-Catania.
Un giorno prima, sabato 24 alle 10, proprio dietro la splendida fontana dell’Amenano, sullo storico mercato della pescheria, flash mob da un’idea della stilista Mariella Gennarino. Sei coppie hanno dato vita ad un sensualissimo tango. Un invito particolare a riflettere, rivolto ai passanti, ai turisti, dall’Ensemble “La Mariposa”, dai ballerini dell’Academia Projecto-Tango di Catania, dall’organizzazione Caminitotango.
Poco più in là, a piazza Duomo, sempre sabato 24 è stato dato il via alla campagna di “Se non ora quando? Catania” e “le Voltapagina”. Adesso uno striscione che invita a fermare la violenza sulle donne, pende dal balcone centrale di Palazzo degli Elefanti dove resterà fino alla festa di Sant’Agata. Lo striscione, posto sul palazzo dei catanesi, ricorderà a tutti, chiamandoci singolarmente in causa, che in Italia ogni tre giorni una donna viene uccisa; che ogni giorno, 250 donne vengono aggredite e picchiate dai loro partner, attuali o ex; che gli autori delle violenze sono uomini di tutte le razze, età, condizioni socio-economiche e culturali; che non esiste l’identikit del maschio violento, caratterizzato soltanto dalla volontà di controllo dell’uomo sulla donna.
L’iniziativa ha suscitato anche qualche critica da parte di chi ha dei dubbi sul coinvolgimento delle istituzioni. Le stesse contestazioni che hanno prodotto una miriade di manifestazioni al posto di un’unica massiccia risposta. Ma tant’è: non poteva essere altrimenti, visto che diverse sono le storie delle donne, dei movimenti e dei gruppi e i loro percorsi. Una diversità che potrebbe anche arricchire il Movimento, se prevalessero il buon senso, l’onestà intellettuale e la buonafede.
“Con l’esposizione sul balcone principale del Municipio, e con l’impegno del Sindaco a mantenervelo per oltre due mesi, si è compiuto il gesto inaugurale della campagna “Fermate il femminicidio” che il gruppo ha proposto al Comune. -così un comunicato– La Campagna continuerà con altre azioni, che riguarderanno soprattutto progetti di educazione sentimentale, ovvero educazione al rispetto e alla valorizzazione delle differenze e diversità sessuali, a partire dalla scuola dell’infanzia”.
“Abbiamo ritenuto – continua il comunicato- politicamente corretto coinvolgere il nostro Comune nell’assunzione di una responsabilità istituzionale rispetto alla violenza sessuale e al femminicidio perchè riteniamo che tale questione non possa essere oggetto di rivendicazione, bensì di affermazione di una differente civiltà delle relazioni tra i sessi di cui le istituzioni, a tutti i livelli, debbono farsi carico. Il contrasto alla violenza sulle donne richiede azioni di prevenzione, supporto delle vittime e perseguimento dei colpevoli che mette in campo la responsabilità diretta dei servizi sociali, sanitari e giudiziari“.
Il gruppo propone inoltre di “intestare una piazza del centro storico Piazza della resistenza delle donne contro la violenza sessuale. Un nome lungo, come lunga è la catena delle donne morte ammazzate per mano maschile”.
Ancora, nella stessa mattina di sabato, più avanti, in piazza Università, altre trenta associazioni, l’Udi, Unione donne italiane, la Cgil, l’Arci Sicilia, l’Associazione Rita Atria, Thamaia, Emergency, l’UDU, la Lila e molte altre sigle, hanno dato vita a un sit in, flash mob, volantinaggio, letture.
Col flash mob ragazze e ragazzi si sono imbavagliati ed è nato un urlo collettivo. Insieme per dire “Ora basta, la violenza sulle donne è una sconfitta per tutti”. Sul terreno sono rimaste abbandonate, anche dopo, delle scarpe di donne sopra dei biglietti con i nomi e le storie di donne morte per mano d’uomo. E poi ancora ciclisti con magliette contro il femminicidio, interventi personali e letture al microfono, testimonianze liberamente espresse.
Chiamate in causa di nuovo le istituzioni, il Comune e la Provincia ai quali si chiede la stipula degli accordi di programma per contrastare la violenza di genere, il potenziamento dei centri antiviolenza, la riapertura della casa protetta chiusa nel 2007, la creazione di strumenti per l’indipendenza economica delle donne vittime di violenza, la promozione di azioni di sensibilizzazione culturale a partire dalle scuole. Alla Regione, l’immediata attuazione delle legge sulla violenza di genere con la destinazione di risorse adeguate.
Lì in piazza sono state raccolte ancora firme per la convenzione nazionale contro la violenza maschile “No more”, lanciata dall’Udi e già firmata da 200 associazioni, gruppi , donne e uomini. Un invito a fare qualcosa: “Non serve alle donne firmare appelli accorati ad ogni femminicidio…Non c’è alibi alla sottomissione culturale , allo stato di immobilità…perché il femminicidio assume le dimensioni e l’orrore di cancro della nostra società e dei nostri tempi”.
Due giorni prima, nella sede del Gapa, per la Ragna-tela (rete catanese di donne e uomini per la cancellazione di ogni violenza sessista) è intervenuta la scrittrice e attrice Beatrice Monroy, autrice del libro “Niente ci fu” sulla vicenda di Franca Viola, la donna che per prima nel 1965 rifiutò il matrimonio riparatore dopo la fuitina e denunciò il suo rapitore.
E non abbiamo parlato di tutte le iniziative chè troppe sono state. E’ chiaro, del resto, che la battaglia di sensibilizzazione non finisce nella giornata dedicata al problema degli uomini che non sanno amare. Dovrà proseguire ogni giorno , ogni ora, perché non ci siano più violenze sulle donne.
Leggi il documento della Ragna-tela
galleria foto di Clotilde Pecora Caruso
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