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Risposta a Loretta Napoleoni

Anche i successi di Grillo contribuiscono a rendere molto attuale il tema dell’uscita dall’euro. Pubblichiamo oggi la risposta di un costituzionalista della Università di Catania (già professore di diritto pubblico), Ettore Palazzolo, alle proposte avanzate dall’economista Loretta Napoleoni nel suo intervento a Catania. Palazzolo motiva il suo disaccordo ed evidenzia i gravi rischi dell’abbandono della moneta unica europea.

Premessa

Sono stato presente alla conferenza di Loretta Napoleoni dopo aver letto con attenzione il suo libro “Il contagio” perché, pur non essendo un economista, sono molto interessato alle relazioni fra economia (e soprattutto finanza) e dinamica delle istituzioni.

Analisi della crisi

Il nodo da cui partire è la gravissima crisi economica, originata negli Stati Uniti e poi propagatasi, con modalità differenti in Europa, nel quadro di una globalizzazione finanziaria che ha consegnato l’insieme del debito pubblico di ciascuno Stato alla mercé della speculazione finanziaria internazionale.
Una crisi resa più acuta nell’area euro perché sono venute meno, nel processo di unificazione dell’Unione, alcune funzioni delle Banche centrali nazionali: battere moneta, acquistare titoli del debito dello Stato (in Italia BOT, CCT, BTP, ecc.) sostenendone il corso ed esercitando quindi una funzione calmieratrice degli stessi, senza, peraltro che quest’ultima funzione sia stata trasferita alla Banca centrale europea (BCE).
A partire da un paio d’anni, è iniziata un’ondata speculativa da parte dei mercati internazionali, che ha preso di mira quei paesi dell’area Euro aventi i debiti fuori controllo, come l’Italia, la Spagna, e soprattutto la Grecia e il Portogallo, anche per la debolezza delle rispettive economie, provocando progressivamente la svalutazione dei titoli pubblici di questi paesi, facendo crescere il differenziale di rendimento (lo spread) fra questi titoli e quelli del paese economicamente più forte dell’Unione europea, la Germania.
Se poi tale divario dovesse accrescersi, il rischio sarebbe non solo quello di far crollare i titoli di Stato di questi paesi, ma anche, dal momento che la crisi si trasmetterebbe automaticamente alle Banche degli altri paesi che hanno nel loro portafoglio tali titoli svalutati, quello di innescare un meccanismo a catena che potrebbe propagarsi fino al centro del sistema economico e finanziario dell’Europa.
Nessuno sarebbe più immune dal ‘contagio’, e la crisi dei debiti sovrani di alcuni paesi si trasformerebbe in crisi dell’intera Eurozona e quindi della stessa moneta unica. Proprio per evitare questi sviluppi negli ultimi mesi è stato posto il tema di un Fondo europeo salva Stati.
Appare allora abbastanza evidente che gran parte dei fattori di crisi della zona Euro vanno addebitati all’incompleta costruzione europea, cui hanno cercato di supplire il “direttorio” di Francia e Germania o la cosiddetta trojka, costituita da Commissione europea, Banca centrale e Fondo monetario internazionale. A fronte del vuoto istituzionale e della lentezza delle procedure della istituzioni “politiche” europee, va in particolare sottolineato il crescente protagonismo della BCE e del suo nuovo Presidente, M. Draghi. Non a caso, la sua recente dichiarazione di voler sostenere l’Euro a tutti i costi ha fatto drasticamente crollare gli spread.

Rischi della proposta Napoleoni

La tesi di Loretta Napoleoni è che le nazioni in difficoltà dell’area euro hanno una sola possibilità di uscire dalla crisi, ed è quella puramente e semplicemente di uscire dalla moneta unica europea e di ritornare alle monete nazionali. Questa tesi viene motivata anche con l’obiettivo di prevenire l’eventuale e probabile – secondo Napoleoni – uscita della Germania.
A me sembra francamente del tutto fuori dalla realtà ipotizzare che la Germania possa decidere di uscire dall’Euro, non avendone alcuna convenienza economica. Il messaggio di Napoleoni ai paesi in difficoltà sembra, in buona sostanza, questo: liberatevi del debito, rifiutate di pagare i creditori e riacquisterete la via della prosperità. Ebbene, non è così, neanche sul piano esclusivamente economico. Questo è stato possibile per piccoli paesi come l’Islanda o, per periodi limitati, in Argentina. Per paesi come l’Italia e la Spagna, una tale scelta provocherebbe una svalutazione stimata fra il 25 ed il 40% che colpirebbe innanzitutto i percettori di reddito fisso: pensionati e lavoratori dipendenti.
Nel lungo periodo, nell’universo della globalizzazione, un paese economicamente non particolarmente forte – come l’Italia – privo di fonti energia e di materie prime e con una base industriale sempre più ristretta e fatta di imprese a dimensioni sempre più limitate, quali chances di competitività potrebbe avere se non quelle di svalutare periodicamente la propria moneta? Ma ciò alla lunga non basterebbe, e condannerebbe tutti noi ad un progressivo deperimento/depauperamento, in un contesto di marginalizzazione internazionale.

Le principali obiezioni, al ragionamento di Loretta Napoleoni, riguardano però le conseguenze politiche. Il rischio è di mettere in moto, sia pure con linguaggio di sinistra e analisi che si rifanno alla teoria marxista, meccanismi secessionisti non controllabili, che trovano già un qualche alimento nei rigurgiti nazionalisti e populisti, se non peggio (vedi i nazisti di Alba dorata in Grecia) e di cui in Europa e anche in Italia non si sentiva certamente il bisogno; ma soprattutto il definitivo fallimento non solo dell’area Euro, ma dell’intera costruzione europea.

La mia proposta

Ritengo, al contrario, che l’unica prospettiva possibile sia quella di impegnarsi perché vi sia più Europa, non meno, completandone la costruzione tuttora monca, e soprattutto costruendo una democrazia europea basata su un’Unione Federale in cui le decisioni principali vengano prese da Assemblee rappresentative e democraticamente elette che possano porsi come interlocutori forti e seri, sia pure nella reciproca autonomia, della Banca centrale europea.
Che potrebbe, con una modifica dei Trattati istitutivi dell’UE, fungere da prestatore di ultima istanza degli Stati, ed emettere i cosiddetti Eurobond, sconfiggendo in tal modo alla radice la speculazione internazionale contro l’euro.
La soluzione non va dunque individuata in un ritorno nostalgico al passato della Lira, quando le difficoltà di bilancio si risolvevano con le svalutazioni competitive, ma l’accettazione della sfida di una sovranità e di una moneta europea condivisa. Il che compete alla politica.

Il governo Monti

E a tale proposito, all’affermazione di Napoleoni secondo cui in Italia saremmo in un regime di quasi dittatura perché l’attuale governo italiano non sarebbe stato legittimato dal popolo ma nominato dal Presidente della Repubblica, su indicazione dei principali leaders europei (se non dei mercati internazionali), mi sembra opportuno precisare che in base alla nostra Costituzione, che prevede un sistema parlamentare, i governi si reggono sulla nomina del Presidente della Repubblica e sulla fiducia del Parlamento, condizioni pienamente verificatesi con il governo Monti.
Se c’è stato in Italia il rischio di una deriva delle istituzioni, in senso autoritario e populistico, ciò si è manifestato proprio con i governi Berlusconi, anche se legittimati dal voto popolare.

Conclusioni

Per concludere, l’uscita dall’Euro di paesi come la Spagna e l’Italia è da considerare un atto estremo che avrebbe conseguenze devastanti: sarebbe, infatti, un moltiplicatore della crisi in tutti gli altri paesi: da una guerra monetaria, si passerebbe inevitabilmente a vere guerre commerciali, e proprio per questo sarebbe da imbecilli illudersi che ciò avrebbe solo conseguenze economiche e non politiche.
Verrebbe infatti sancito il definitivo fallimento dell’intera costruzione europea, che bene o male ha garantito sessanta anni di pace e di relativo benessere nei paesi della Comunità prima e dell’Unione dopo. Ed è per questo che la parola d’ordine dell’uscita dalla moneta europea propugnata dalla prof.ssa Napoleoni – e in Italia condivisa dal movimento di Grillo e, in parte, dalla Lega e da Berlusconi e, forse anche da Di Pietro – appare estremamente pericolosa e va decisamente contrastata.
Per conoscere in modo più approfondito la riflessione di Ettore Palazzolo, leggi il testo originale in versione maior

Argo

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