E’ un progetto a cui sta lavorando il comitato No Muos di Ragusa, per iniziativa di Vincenzo Santiglia. Il ragionamento di partenza è semplice. Il Muos prevede la messa in orbita di quattro (forse cinque) satelliti geostazionari e la costruzione di quattro stazioni di terra, tutti collegati tra loro, per permettere la rapida trasmissione di informazioni militari da una parte all’altra del globo.
La collocazione dei quattro impianti di terra è ormai nota, almeno nelle linee generali. Il primo è quello di Niscemi, il secondo è previsto nell’Australia dell’ovest, a Kojarena, 30 kilometri circa ad est di Geraltdon, il terzo e il quarto rispettivamente in Virginia e nelle isole Hawaii.
Vincenzo ha deciso di mandare un “messaggio in bottiglia” a coloro che abitano presso queste basi in costruzione, spiegando cosa si sta facendo a Niscemi e dintorni, in modo da internazionalizzare il contrasto al progetto Muos.
Tramite un ragazzo di Modica che fa uno stage in Australia, è riuscito ad avere un paio di indirizzi e-mail ed ha stabilito i primi contatti, da cui è emerso che non solo i singoli cittadini, ma anche le associazioni ambientaliste e pacifiste australiane, nulla sapevano di cosa fosse, e purtroppo sia, il Muos.
Ritenevano che i lavori in corso avessero come finalità il potenziamento della rete satellitare dei cellulari e la cosa non poteva che suscitare il loro consenso, essendo le comunicazioni via satellite utili e necessarie in un continente vasto e, in certe zone, arido e poco popolato, come l’Australia.
Tra l’altro, non lontano dalla area destinata alla stazione Muos, esiste una base di radar metereologici. Nulla di militare. Non è perciò sembrato strano a nessuno che i nuovi lavori potessero servire ad innovare la vecchia tecnologia della comunicazione satellitare.
Nessuna opposizione, quindi, e nessun timore, né per l’inquinamento elettromagnetico, né per la conseguente diffusione di tumori del sistema emolinfatico, di necrosi dei tessuti, di problemi alla tiroide. Al silenzio sulle finalità militari del Muos, si è accompagnato, infatti, quello sui rischi che il nuovo impianto comporta per la salute. Anche sulle interferenze con il traffico aereo e sulle conseguenze per l’ambiente (grossi movimenti di terra, disturbo per volatili e api, etc ), nessuna informazione. E quindi tutto tranquillo.
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Manco a dirlo, Vincenzo ha subito passato ai suoi interlocutori le informazioni relative al Muos e al movimento di opposizione nato non solo a Niscemi ma in tutta la Sicilia sud-orientale. Ha maturato persino l’idea di tradurre il libretto in cui Antonio Mazzeo ha esposto i risultati delle sue ricerche. Così da Ragusa è partito il siluro. Tra gli indirizzi di Vincenzo c’era quello di una associazione antimiliatrista, Australian Anti-Bases Campaign che ha raccolto e compreso la gravità della faccenda e si è subito attivata.
Come Julie Marlow ha comunicato a Vincenzo, AABCC ha già scritto al competente ministro australiano. Intende inoltre presentare una interrogazione parlamentare “sulla stazione Muos dell’Australia Occidentale”.
Non è ancora tutto. Il Muos è rientrato tra i temi di una protesta organizzata dall’associazione, AABCC, contro il coinvolgimento dell’Australia nei programmi spaziali militari del governo USA. Una “small rally” come la chiama Julie, ma all’interno di una iniziativa più ampia, ‘Keep Space for Peace Week’, promossa dall’organizzazione Global Network Against Weapons in Space.
E quasi per un segno del destino, la data in cui si è svolta la manifestazione australiana è stata la stessa della grande manifestazione antiMuos di Niscemi, il 6 ottobre. L’internazionalizzazione del movimento è già cominciata, quasi per caso.
Vincenzo non si è fermato qui. Sta cercando di inviare il suo messaggio in bottiglia ad altri gruppi, vicini ai centri in cui è prevista la costruzione delle basi della Virginia e delle Hawaii. Inizialmente non ha ricevuto risposta, ma adesso Jiulie lo sta aiutando e gli ha fornito indirizzi di alcune associazioni pacifiste e ambientaliste con cui lei stessa ha già preso contatto.
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