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In una chiesa di Librino per parlare di sicurezza sul lavoro

Perchè concludere la rassegna cinematografica “L’Italia che non si vede” nell’auditorium della chiesa Resurrezione del Signore di Librino, come è accaduto lo scorso 17 maggio, grazie alla disponibilità del parroco don Salvo Cubito? Innanzi tutto, come dichiara la responsabile della CGIL di Librino, Sara Fagone, per richiamare l’attenzione sul fatto che in questo quartiere di 70 mila abitanti (più popoloso di una media città del Centro Nord) manca un cinema o comunque un luogo di aggregazione che offra la possibilità di incontrasi e discutere dei problemi del quartiere e della città.
Ma c’è dell’altro. Sempre per iniziativa di Fagone e della South Media, organizzatrice della rassegna, alla proiezione del film “La nostra vita” di Daniele Luchetti, si è deciso di affiancare un incontro pubblico sul tema degli incidenti sul lavoro.
E in effetti una morte bianca, quella del custode di un cantiere edile, sta alla base della trama del film, che tocca poi molti altri temi che ad esso si intrecciano, da quello del lavoro nero a quello dell’immigrazione a quello dei valori materiali che rischiano di far perdere il vero senso delle cose e degli affetti.

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In apertura della tavola rotonda sui problemi della sicurezza nella nostra provincia, Pippo Rizzo, presidente del comitato consultivo dell’INAIL di Catania, ha fornito i numeri del rapporto regionale INAIL 2010, che mostrano un leggero calo degli incidenti (tranne quelli verificatisi su strada) in particolar modo di quelli mortali. Ma la flessione non è tale da far pensare ad un superamento dei rischi e dei comportamenti pericolosi, tanto più che il numero degli infortuni va messo in relazione con il numero degli occupati che, complessivamente, è diminuito.
Gli incidenti sul lavoro, quindi, restano una triste e diffusa realtà e, come afferma Claudio Longo della Fillea, la crisi non aiuta perchè spinge le aziende a rifugiarsi nella deregolamentazione.
Altra causa del fenomeno è l’ignoranza. Ci sono imprenditori edili che, pur essendo iscrittti alla Camera di Commercio, non hanno esperienza e professionalità e non si rendono conto dei rischi che gli operai corrono all’interno dei cantieri. Anche i lavoratori spesso non sono consapevoli di tutti i tipi di pericoli o dei materiali nocivi con cui entrano in contatto, compreso l’amianto.
L’Inail ha organizzato dei corsi di formazione rivolti ai lavoratori ma, come afferma Rizzo, non è facile far capire i rischi del mestiere a chi ha già 50 anni. L’attenzione dei formatori si è quindi concentrata sui rappresentati della sicurezza.
Un progetto innovativo di educazione alla sicurezza è stato realizzato da Inail insieme a Ente Scuola Edile, CPT Catania e Usp, con i ragazzi delle scuole di Librino (Pestalozzi, Brancati, Musco, San Giorgio, Fontanarossa, Dusmet, Campanella Sturzo), quartiere prevalentemente operaio. Lo scopo è quello di far nascere, in menti ancor giovani, la sensibilità per il pericolo e la cultura per evitarlo, non solo sul posto di lavoro, ma anche nella vita di tutti i giorni, a casa e in strada.
Sulla necessità di intensificare i controlli e di non demordere mai, si è soffermato Giacomo Rota della CGIL, che ha raccontato dell’attività ispettiva e dei controlli dei carabinieri richiesti dal sindacato nelle aziende agricole della zona di Paternò,
Purtroppo molte di queste operazioni, al di là del fuggi fuggi degli irregolari e di momentanee chiusure di aziende, non hanno avuto conseguenze durature perchè le aziende hanno riaperto subito e le condizioni dei lavoratori non sono migliorate.
La legge, infatti, è poco severa verso chi ha responsabilità negli incidenti e verso chi utilizza il lavoro nero. Il decreto legislativo 626 del ’94, che aveva regolamentato la sicurezza sul lavoro, è stato modificato dalle “disposizioni integrative e correttive” del 2009, adottate nonostante l’opposizione dei sindacati e il parere negativo della Conferenza delle Regioni.
Ne è scaturita una riduzione della tutela dei lavoratori. A depotenziare l’attività di vigilanza e ispezione hanno contribuito anche le misure amministrative del ministro Sacconi e i tagli ai fondi stanziati per la sicurezza.
Non per questo bisogna mollare, conclude Rota, anzi è necessario accrescere gli interventi e soprattutto organizzarli in modo che si crei una sinergia tra forze dell’ordine, ispettorato del lavoro e magistratura.

Argo

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  • mi hanno detto che nella lontana Germania le leggi sulla sicurezza sul lavoro esistono da oltre cento anni. Perchè non imitiamo la Germania?

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