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TFA, tirocinio formativo attivo…o truffa?

Il TFA, ovvero Il Tirocinio Formativo Attivo, è il corso organizzatodal Ministero dell’Istruzione per acquisire l’abilitazione per insegnare nelle scuole secondarie di I e II grado. Rappresenta, perciò, l’unico canale per avere la possibilità, in futuro, di concorrere per un posto-cattedra a tempo indeterminato. Ha durata annuale e prevede ore di tirocinio diretto e indiretto.
I test preselettivi si svolgeranno a luglio, le iscrizioni si chiuderanno il 4 giugno. ll Ministero è responsabile della definizione dei contenuti e delle modalità di svolgimento del test preliminare, le Università determineranno autonomamente i contenuti della prova scritta e della prova orale.
20.000 i posti messi a concorso a livello nazionale (4.275, per la scuola secondaria di I grado, 15.792 per la scuola secondaria di II grado). Si prevedono da 300 a 400.000 richieste per partecipare ai test preselettivi di accesso. Tenendo conto che ogni candidato esborserà mediamente 100 euro per partecipare alla selezione e che, per frequentare i corsi, i “fortunati” vincitori pagheranno da 2.500 a 3.000 euro, si comprende immediatamente il grande interesse dimostrato dalle Università per gestire quello che, almeno per ora, sembra esclusivamente un enorme business.
Qualcuno ha parlato addirittura di truffa. Scrive Marco Barone dei Cobas Scuola “si inducono migliaia di lavoratori, di laureati a sborsare cifre considerevoli per intraprendere un percorso che non è dato comprendere dove porterà. Uno Stato serio, prima di organizzare detti corsi, come minimo dovrebbe realizzare una situazione di trasparenza e chiarezza consistente nel fare comprendere quali siano le situazioni reali anche nel settore della scuola. Esiste il problema dei soprannumerari, diecimila docenti, circa, per non parlare del problema dei docenti idonei ad altri compiti, 4500 circa, esiste il rischio di licenziamento, esiste il rischio di effettuare ancora tagli, ed allora come pensare di assumere nuove leve quando non si riescono ad impiegare le risorse umane già esistenti?”
Domande tanto più inquietanti se si tiene conto che non è stato ancora definito nulla rispetto ai concorsi ai quali i neoabilitati dovrebbero partecipare per diventare titolari di cattedra, che l’unica certezza, finito il corso, è quella di entrare nella seconda fascia delle graduatorie d’Istituto per fare le supplenze.
Inoltre, non esiste alcuna programmazione, un piano di reclutamento nazionale. Al contrario, continua la politica dei tagli all’istruzione: meno ore di insegnamento, classi “pollaio”, nessun investimento nelle strutture. Migliaia di precari, che hanno già insegnato ed insegnano ancora oggi nella scuola, dovranno iscriversi a questi corsi solo per maturare quell’abilitazione all’insegnamento da cui non discenderà alcun obbligo di assunzione in ruolo.
Ma, soprattutto, cosa ne sarà delle attuali graduatorie ad esaurimento che scadranno nell’anno scolastico 2013-14? In queste condizioni, il rischio è quello di scatenare, dando un ennesimo colpo alla scuola pubblica statale, l’ennesima “guerra fra poveri”: fra i 230.000 precari ormai storici delle graduatorie ad esaurimento, i circa 10 mila “invisibili”, che hanno insegnato senza abilitazione e tutti i laureati che concorreranno alle selezioni per i Tirocini formativi attivi.
Se la si vuole evitare, bisogna ragionare sui bisogni formativi del Paese e su percorsi di qualificazione del personale docente, a partire da una nuova idea del reclutamento, che non può essere la riproposizione della fallimentare esperienza delle SSIS (Scuole di Specializzazione all’Insegnamento Secondario).
Soprattutto, occorre investire più risorse. Nel frattempo, è utile bloccare le speculazioni, per questo Movimento Studentesco Catanese e Cobas Scuola  hanno lanciato una raccolta firme per eliminare il pagamento di quel “pizzo legale” rappresentato dalle imposte richieste per partecipare alla prima selezione.

Argo

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