I problemi sono legati innanzitutto alla sistemazione logistica e all’ organizzazione del lavoro. In generale, chi arriva proviene dall’Italia, da altre “raccolte”, una vera transumanza del lavoro migrante nelle campagne meridionali. Negli ultimi anni è aumentato il numero di coloro che arrivano perché hanno perso il posto di lavoro nelle fabbriche del nord.
La presenza della locale comunità marocchina rende più semplice il “primo impatto” per chi proviene dal Maghreb. Per loro è infatti possibile affittare appartamenti o stanze nel centro abitato.
Gli altri (Sudanesi, Somali, Eritrei) possono utilizzare il campo allestito dalla Croce Rossa, o trovare rifugio, senza acqua né luce, nei caseggiati di campagna abbandonati o installando tende. Il campo può accogliere sino a 150 persone, offre una branda per dormire e un pasto giornaliero, alle 19,00. Visto che per la gestione di questo impianto la Croce Rossa riceve un contributo di 170.000 euro (per 70 giorni), non capiamo perché venga offerto un servizio molto criticato dai migranti, ai quali è persino impedito di cucinare autonomamente le loro pietanze.
Caporalato in Sicilia – articoli correlati su argocatania.org
Inoltre, il campo accoglie solo i “regolari” e chi, entro breve tempo, è in possesso di un contratto di lavoro. Al contrario, per incentivare la lotta al mercato nero e favorire le politiche di inclusione, oltre che per un’elementare difesa dei diritti, sarebbe necessario allargare la possibilità di accesso anche a chi è “irregolare” almeno nell’ingaggio, per rendere esigibile il nuovo reato penale di caporalato.
Ancora più complicata, ovviamente, la situazione di chi è costretto a inventarsi improbabili tetti fra strutture fatiscenti e abbandonate, a rischio, anche, di essere denunciato per “invasione di terreni o edifici e danneggiamento”.
Risolto (più o meno) questo problema si può cominciare a lavorare. Teoricamente l’assunzione di manodopera deve essere eseguita tramite gli organi di collocamento, il salario orario netto è di 6 euro e venti, sei ore e trenta minuti la giornata lavorativa, spese logistiche, di trasporto e materiale di lavoro (scarpe antinfortunistiche, guanti) a carico del datore di lavoro.
In realtà il collocamento è in mano ai “caporali” (in buona parte di origine marocchina). Questi ultimi gestiscono anche i trasporti (da 3 a 5 euro il costo) e trattano salari differenziati: chi viene dal Maghreb guadagna fra 35 e 40 euro, gli altri 30 o ancora meno.
Gli orari sono “flessibili”, se vuoi lavorare devi comunque essere in grado di riempire quotidianamente almeno 100 cassette, ognuna del peso di 20/22 chili.
La Rete Antirazzista è regolarmente presente a Cassibile per supportare i migranti nella lotta per i diritti e stimolare momenti di autorganizzazione, necessari per evitare l’ennesima “guerra fra poveri”. Per il prossimo anno la Rete vuole organizzare, anche sulla base della positiva esperienza pugliese di Nardò, organizzata principalmente dalle Brigate di Solidarietà Attiva, un campo di accoglienza autogestito dove garantire, grazie al lavoro volontario, condizioni di vita decenti a tutti i migranti (“regolari” e non) e ottenere, grazie all’autorganizzazione, condizioni di lavoro coerenti con quanto previsto dai contratti di settore.
Infine, va segnalata la positiva presenza, dal Lunedì al Venerdì – dalle 16,30 alle 21,30, in piazza Caduti del Conte Rosso – di un
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