Nuovo stadio, centro direzionale, riqualificazione della Plaja, palacongressi… La nuova Catania
A questa tecnica di comunicazione da qualche tempo si è alacremente dedicato anche il sindaco di Catania, Stancanelli, soprattutto quando parla del nuovo Piano regolatore e dei grandi progetti ad esso in qualche modo legati. In questo caso la parola magica è proprio project financing, progetto di finanza.
Ma cosa è questo project financing ? Non è difficile dirlo: è uno strumento finanziario per realizzare opere pubbliche su iniziativa di una società da costituire appositamente e con soldi anticipati da privati o da banche.
Questa società può comprendere soggetti pubblici e privati e i finanziatori recuperano il prestito anticipato incassando gli utili provenienti dalla gestione dell’opera per un certo numero di anni.
La decisione sul “cosa” realizzare è del privato che, ovviamente, decide in base al suo esclusivo interesse: sia sulla base del ritorno economico dell’investimento, sia della possibilità, per questa via, di diventare sostanzialmente proprietario a costo zero delle aree demaniali su cui verrà realizzata l’opera. Non c’è più quindi una programmazione della spesa pubblica in funzione delle esigenze prioritarie della città.
Il trucco si nasconde proprio sotto le parole ‘prestito’ e ‘soggetto pubblico’, perché chiedere un prestito significa fare debiti e, in presenza di un soggetto pubblico, è scontato che questo faccia da garante nei confronti delle banche.
Se poi si aggiunge che queste società sono di diritto privato, e quindi non soggette al controllo degli organismi pubblici, e che i loro bilanci sono separati da quelli dell’ente pubblico, il quadro è completo.
Detto in altri termini, noi cittadini saremo caricati a nostra insaputa di un debito che non risulterà iscritto nel bilancio del Comune ma che comunque, se le cose andranno male, dovremo pagare di tasca nostra.
Tra le grandi opere di cui parla Stancanelli, utili -come gli integratori alimentari- solo a chi le fabbrica, si può annoverare ad esempio il Piano Urbanistico Attuativo della Plaja che, sulla base di un progetto pubblico-privato dovrebbe completare la riqualificazione del litorale con un nuovo sistema viario (ma non si capisce perché quello già realizzato non vada più bene) a cui aggiungere qua e là una manciata di realizzazioni per la cui mancanza la città soffre di un senso di frustrazione e deprivazione insopportabili: un acquario (i catanesi muoiono dalla voglia di osservare in diretta come vivono e si riproducono ‘i masculini e i cozzuli da Praja’), un Palacongressi (Catania, come si sa, è un centro congressuale di primordine), e altre indefinite attrazioni per le famiglie.
Ultimamente un tema che gli è particolarmente caro è quello della costruzione del nuovo stadio, sulla spinta anche dell’insistente e certo non disinteressata iniziativa del presidente del Catania Calcio, Pulvirenti. Il nuovo strumento urbanistico lo prevede proprio a Librino, dove sorgerebbe, già che ci siamo e per non farci mancare nulla, anche il mitico centro direzionale per gli uffici comunali. Il tutto da realizzare proprio col sistema del project financing e dunque senza oneri per l’Amministrazione, come si affanna a ripetere continuamente il nostro Stancanelli.
Nel nostro caso, basta aprire il principale (e unico) organo di stampa locale, per leggere quasi ogni giorno, per bocca ora di Pulvirenti ora di Stancanelli, che, in mancanza di fondi pubblici, l’unico modo concreto per finanziare la costruzione dello stadio è una partnership tra Comune e Società di calcio.
Prima domanda: ma Catania ha veramente bisogno di un nuovo stadio? Con tutto il rispetto per i tifosi, non ci sembra che sia una priorità assoluta. Il vecchio Cibali, per le dimensioni dello sport catanese, basta e avanza.
Seconda domanda: una volta costruito il nuovo stadio, non è che per caso si scatenerà una corsa alla cementificazione nell’area resa libera dal vecchio? E chi ci metterà sopra il cappello?
Terza domanda: ma, ammesso che sia avviata questa avventura, è proprio ineluttabile che si risolva in una disavventura?
Diamo la parola ad alcuni dei protagonisti. Pietro Lo Monaco, amministratore delegato del Catania Calcio e fresco di dimissioni appena annunciate, ha dichiarato al giornale locale (La Sicilia del 24 aprile, pag. 17): “A proposito del nuovo stadio, non prendiamo in giro la gente. Questa sarà una manovra politica, il Catania non può fare lo stadio, deve aspettare due o tre anni, mettere da parte utilità e lavorare con i propri mezzi”
Gli fa eco sulla stessa pagina il presidente Pulvirenti: “Considerato che oggi realizzare uno stadio ha un costo che diventa proibitivo in rapporto alla sua redditività, sostanzialmente zero se lo apri due volte al mese, e che a Catania non ci sarebbe spazio per nessuna attività commerciale da far gravitare dentro e attorno allo stadio, la soluzione non può che essere trovare l’intesa per dotare Catania di una infrastruttura aperta sette giorni su sette, che rivitalizzi una parte della città”.
Ecco svelato il vero obiettivo: questa infrastruttura sarebbe appunto il centro direzionale, con qualche inevitabile annesso e
Elementare Watson! E il cerchio si chiude.
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questo metodo è solo una meravigliosa spappatoia per chi ha soldi e mira ad appropriarsi di un bene pubblico. Ma l'università dove vive? Dove vivono i professori? Cosa fa il buon Barcellona? fino ad oggi il project financing è servito ad arricchire i figli di ricchi imprenditori che hanno messo le mani sulla città e sui beni pubblici. A quando si potranno allentare le redini di questa genia di imprenditori che rubano o speculano sui beni pubblici?