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Villa Pacini, incuria e scopone

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Certo non è facile immaginare Villa Pacini come si presentava alla fine dell’ottocento, animata da concerti quotidiani e frequentata da signore eleganti. Divenuta il regno dei pensionati e soprannominata “a villa e varagghi“, langue oggi nel degrado.
I suoi frequentatori stabili, tutti rigorosamente di sesso maschile, l’arredano oggi con sedie e tavolini portati da casa per giocare interminabili partite a carte e, con tutti quei soldi sui tavoli da gioco, ormai è difficile anche che si lascino andare allo sbadiglio…
Tutti gli altri, chi casualmente di transito e chi di passaggio fra un pullman e il cuore della città, l’attraversano velocemente senza nemmeno guardarsi attorno.
C’è ancora al centro del prato la grossa voragine che si è aperta l’anno scorso. E’ profonda circa un metro e coperta alla bell’e meglio con alcuni lastroni. Tutt’intorno sono state poste delle transenne. Non lontano dalla fenditura nel terreno c’è la zona giochi, vicina anche alla strada e quindi alle auto e ai loro scarichi.
“Ha ceduto la volta di un canale sotterraneo – così ha dichiarato a Italpress il dirigente del servizio Giardini pubblici, Marco Morabito – E’ profondo 80 centimetri, e, di solito, porta a mare acque superficiali. Sotto la Villa c’è un dedalo di canali come questo, tutti molto vecchi. Bisognerà scavare, realizzare i cordoli laterali e rifare il solaio. Ma non si tratta di un lavoro da poco: ci vorrà una gara, e ci vorranno alcuni mesi affinchè il canale venga riparato. Bisognerà verificare, poi, lo stato delle pareti e quello degli altri canali. Certo, non ci sono pericoli di crolli improvvisi. Peró, in effetti – continua Morabito – nessuno sa quanti canali ci siano perchè non sono ben censiti. Qualche anno fa ne abbiamo riparato uno molto grande, che attraversava tutta la Villa e che richiese otto mesi di lavori: alla fine abbiamo deciso di portarlo alla luce”.
Purtroppo dall’Amenano, che scorre in superficie, emana un desolante olezzo, per tacere della pietosa e vana gincana a cui costringono i cartelli segnaletici, nel caso in cui qualche infelice dovesse cercare i servizi igienici. Scoprirà infine, dopo vari giri e rigiri su se stesso, che sono collocati al di fuori della villa.
Eppure. Eppure questo luogo conserva un fascino delicato ma persistente. Sarà la luce che filtra fra le piante, quella luce speciale che in città abbiamo dimenticato, sarà l’alito di vento che ogni tanto arriva portando il profumo del mare, sarà il rumore dell’acqua che scorre o la possibilità di godere una pausa di tranquillità ai margini del caos, così vicini eppure così lontani da quella città che si vede agitarsi oltre le sbarre della cancellata.
E allora, quale anticamera migliore potrebbe esserci al nostro centro storico per tutti quei turisti che, sbarcati dai pullman dell’aeroporto, si lanciano alla conquista della città? Per far diventare questi piccoli giardini alla Marina un delizioso biglietto da visita di Catania non ci vogliono affatto grandi opere e spese straordinarie, basterebbe un minimo di interesse e una manutenzione accurata.
Per Argo l’ha fissata nei suoi scatti Alberta Dionisi
 

Argo

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  • Articolo asciutto, ben strutturato e magnificamente illustrato dalle foto poetiche di Alberta Dionisi
    Claudio Ricciardi

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