Dopo aver peregrinato, come nelle stazioni di una via crucis, per tutti i Cie, i centri di identificazione e espulsione della Sicilia, stamattina sono lì, a Roma, davanti all’ambasciata tunisina di via Asmara 7, per incontrare l’ambasciatore. Ma non è finita. Domani la delegazione delle mamme dei migranti tunisini dispersi, più di 200, insieme alle donne italiane che hanno protestato accanto a loro, andranno nel Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria e dopo incontreranno la stampa.
La loro richiesta è sempre la stessa da un anno a questa parte, vogliono sapere che fine hanno fatto i loro ragazzi, se siano o meno arrivati in Italia, se siano detenuti, se… Alcuni di loro hanno telefonato, dicendo di essere appena arrivati o di riuscire a vedere la costa e le navi italiane. Altri sono stati visti, nelle riprese televisive degli sbarchi a Lampedusa o addirittura da testimoni a Bari o a Crotone. Ma poi nessuna notizia, nessuna traccia.
Per questo da tre mesi, i parenti si rivolgono ai ministri degli Esteri e degli Interni italiani e tunisini per lo scambio delle impronte, il confronto, cioè, delle impronte digitali depositate presso il Ministero degli Interni di Tunisi con quelle presenti sulle carte d’identità dei ragazzi identificati in Italia. No comment. Dietro il silenzio ci sono difficoltà burocratiche o altro? Contatti diplomatici? Accordi segreti del dopo Bel Ali? Il Viminale chiede alla Tunisia di fornire le impronte dei ragazzi tunisini dispersi. La Tunisia teme, forse, che questo serva ad avviare procedure più spedite sui riconoscimenti necessari alle espulsioni.
Qualcuno, però, sembra aver raccolto l’SOS delle madri tunisine. Dei loro figli dispersi parla, infatti, anche Omeyya Seddik, sottosegretario per le migrazioni del governo tunisino che chiede “alle autorità italiane di fornire tutta la collaborazione necessaria per fare luce sulla sorte di questi cittadini tunisini scomparsi, poiché oggi si tratta di cominciare a ristabilire una fiducia senza la quale non si possono avere rapporti di amicizia. E nessuno può dare fiducia a chi considera che la vita dei figli conta poco”.
Fino ad ora, però, a nulla è valso l’appello delle madri “Da una sponda all’altra, vite che contano” che è stato firmato da 1500 persone e del quale anche noi di Argo ci siano occupati:”…Sono partiti dalla Tunisia con le barche e in molti non hanno più dato notizia di sé. Sono morti? Sono in carcere? Sono…? Per saperlo chiediamo ora alle autorità italiane e tunisine di collaborare. Sarebbe molto semplice, perché in Tunisia le carte di identità sono con le impronte digitali e in Italia esistono i rilievi dattiloscopici dei migranti identificati o detenuti. Chiediamo, allora, che i parenti dei dispersi possano fare una domanda al Ministero degli esteri tunisino affinché fornisca le impronte digitali al Ministero degli interni italiano e a questo chiediamo di rispondere”.
Hanno fatto di tutto le madri coraggio tunisine. Hanno attuato lo sciopero della fame. Hanno scritto all’ambasciatore d’Italia a Tunisi Piero Benassi. Gli hanno spiegato come siano decise a restare in Italia, “affrontando spese per ingenti e grandi disagi pur di trovare qualche notizia dei loro ragazzi, sapere se sono ancora vivi, dove si trovano, riabbracciarli se possibile“.
Pochi giorni fa una delegazione del governo tunisino ha incontrato il ministro italiano per la cooperazione internazionale e per l’integrazione Andrea Riccardi :”Delle grida sorgono da una parte all’altra del Mediterraneo per congiungersi, al fine di cominciare a trattare questo caso degli scomparsi”. Riccardi ha affermato di essere già conoscenza della questione e che sarà proprio quello dei migranti dispersi uno degli argomenti che affronterà durante la sua prossima visita a Tunisi”.
La delegazione ha consegnato al ministro il dossier completo, con la lettera a lui destinata dalle mamme, il testo dell’appello con le firme e la lista delle 235 persone partite il primo, il 14 e il 29 marzo 2011 di cui non si hanno più notizie.
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