Di mafie si interessa da tempo questo giovane giornalista precario, figlio di un funzionario di banca che ha pagato con la vita la sua integrità morale, a Bovalino, in Calabria. Trasferito con la famiglia a Modena, Giovanni scopre, guardandosi attorno, che la mafia è presente anche nella sua nuova città, e in tutto il Nord. E capisce quanto sia errato ridurre la questione mafiosa a un fatto di ordine pubblico, senza capire che il cuore del problema sta nell’economia.
Non è una novità degli ultimi anni, perchè la mafia fa affari nel Nord Italia già dagli anni ’50.
Oggi il fenomeno si è ampliato e rafforzato, al punto che non si può parlare di infiltrazioni mafiose, ma di un vero e proprio “radicamento” nel territorio. Di questa penetrazione mafiosa nelle regioni del Nord è stato ritenuto responsabile il “soggiorno obbligato” a cui molti mafiosi furono condannati nel dopoguerra, ma questa “misura sciagurata” non può spiegare il motivo per cui molti criminali, conclusa la condanna, siano rimasti in questi luoghi, accettati di buon cuore dalla borghesia locale che li ha coinvolti nei propri affari. Non a caso troviamo i boss fotografati a braccetto con i politici locali.
Anche qui i settori in cui è più forte la presenza mafiosa sono quelli chiave, come il movimento terra, di cui tutti gli imprenditori edili si servono. E la collusione tra imprenditoria locale e clan è ormai assodata. E’ stato un imprenditore milanese, Maurizio Luraghi, a costruire le sue palazzine su rifiuti tossici scaricati nel terreno dai sodali della cosca Barbaro-Papalia, in spregio ad ogni regola e al rispetto della salute e dell’ambiente,. E siamo a Buccinasco, un paese delle cintura milanese, nel profondo Nord.
Ormai il “laboratorio” della autostrada Salerno-Reggio Calabria ha fatto scuola e lo stesso sistema è stato applicato nella A4, nella costruzione di alcuni tratti dell’Alta Velocità e nelle tangenziali di alcune città settentrionali.
Le mafie, ormai parte integrante dell’economia locale, e legittimate dalla classe dirigente, sono i veri “regolatori del mercato”, eliminano la concorrenza, creano cartelli, si fanno pagare il pizzo in modo surrettizio.
La loro ascesa è stata silenziosa. Secondo Tizian persino i sequestri degli anni ’90 possono essere considerati “un’arma di distrazione di massa”, utilizzata per allontanare l’attenzione dai loro veri affari, quelli che crescevano nelle regioni del Nord.
Eppure proprio questo Sud, che continua ad essere guardato con atteggiamento razzista, ha oggi qualcosa da insegnare al Nord. Perchè il Sud ha ormai preso coscienza della presenza delle mafia al proprio interno, accetta di parlarne e sperimenta nuove strade per contrastarla.
A Nord ancora questo non accade. La presenza della mafia continua da esere negata o sottovalutata, nonostante le condanne e i comuni già sciolti per mafia. Non si è creato ancora quel clima di attenzione e di allarme che oggi impedirebbe a un boss calabrese, già condannato, di intestarsi 5 società, come è accaduto in Emilia.
Può accadere anche, come riferisce Tizian, di sentirsi rispondere dalla gente, dopo una condanna esemplare di ‘ndranghetisti a Varese, che “qui il problema sono i marocchini”. Solo dalla consapevolezza del fenomeno può nascere la reazione, la ricerca di forme di contrasto che non siano limitate alle aule di tribunale, l’individuazione di buone pratiche e strategie efficaci.
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