Nel vedere esposte le foto delle belle ville sopravvissute alla cementificazione, il pensiero non può non andare a tutte quelle di cui la Soprintendenza non è riuscita ad impedire la distruzione, facendo così posto a speculazioni edilizie. Un primo esempio potrebbe essere quello dell’attuale sede della exPretura di via Crispi, costruita là dove sorgevano “stabili liberty meritevoli di tutela” (L’edilizia giudiziaria di G. Scidà)
Sorte non diversa hanno subito le ville di Corso Italia, la maggior parte delle quali è stata abbattuta. Alcune, ancora esistenti, sono state sfregiate e impoverite dalla perdita del loro spazio verde. Soltanto poche si sono salvate.
Pochi i quadri esposti alla mostra, appartenenti a tipologie differenti e provenienti da varie collezioni. Non si può tuttavia fare a meno di chiedersi se siano stati recuperati tutti i dipinti conservati in magazzini e poi misteriosamente scomparsi (Corriere della sera, Il Rembrandt sparito)
Il limitato numero di reperti ospitati nella sezione archeologica non rende giustizia della ricchezza del patrimonio cittadino ancora in attesa di valorizzazione.
Rimane quindi nel complesso abbastanza problematica la percezione di quello che realmente la Soprintendenza abbia realizzato in oltre settant’anni di attività. La città che ci
Speriamo adesso in mille altre ville Bonajuto!
La mostra – sita in via Garibaldi 233 – è visitabile – fino al 25 marzo – tutti i giorni dalle 9 alle 13, martedì e giovedì dalle 9 alle 18.
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