I rappresentanti dell’Ateneo hanno motivato tanta rapidità (che contraddice il positivo atteggiamento tenuto da tutte le Istituzioni nei tanti casi recenti di occupazione di beni pubblici restituiti alla fruizione dei catanesi) perché l’edificio in questione non è agibile, e sarebbe stato, quindi, pericoloso rimanere all’interno. Insomma, l’ Università è intervenuta solo perché preoccupata per la salute dei propri studenti.
A questo punto, però, i suddetti responsabili dovrebbero spiegarci quanti soldi sono stati investiti per ristrutturare la residenza, perché dopo la ristrutturazione la stessa è inagibile e perché, pur non potendo essere utilizzata, è stata ammobiliata di tutto punto, come dimostrano le foto pubblicate ieri su Argo.
Quale persona di buon senso, infatti, arrederebbe un appartamento sapendo che non potrà abitarvi e che, quindi, quei mobili finiranno per deteriorarsi prima di poter essere utilizzati? Peraltro, sarebbe ancora più grave averla arredata prima di scoprirne l’inagibilità, significherebbe che nessuno ha controllato la congruità dei lavori al momento della consegna.
In attesa che l’Università risolva tutti questi dubbi, gli occupanti (collettivo Aleph), durante un’assemblea pubblica svoltasi ieri sera in via Oberdan, hanno deciso di proseguire la mobilitazione e l’azione di denuncia perché non intendono accettare che uno spazio utile rimanga chiuso e abbandonato per otto anni, né che l’Università spenda milioni di euro per strutture mai utilizzate, mentre centinaia di studenti assegnatari devono
Per decidere come proseguire la mobilitazione è stato fissato un appuntamento, Martedì 10 gennaio alle ore 21,00 presso la sede di Officina Rebelde.
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