Gli ambientalisti a Monti: "Bocci quel ponte"

245 pagine per dire a Monti di bocciare il ponte sullo Stretto. Il dossier, che è anche un grido d’allarme, è stato presentato lo scorso 20 dicembre da un gruppo di associazioni ambientaliste, Fai, Italia Nostra, Legambiente, Man-Associazione mediterranea per la Natura e Wwf. In esso sono illustrate serie e puntuali osservazioni al progetto del Ponte, millantato come definitivo, elaborate da 30 esperti e docenti universitari di varie discipline.
Ma già precedentemente, il 10 novembre, era stata inviata al ministero dell’Ambiente una diffida relativa al correttezza del documento di Valutazione d’impatto ambientale dello stesso progetto.
Il dossier è stato accompagnato da un appello al Governo con cui si chiede formalmente “il rigetto del progetto definitivo del ponte sullo Stretto di Messina redatto dalla Stretto di Messina SpA (Concessionaria interamente pubblica) e da Eurolink (General Contractor -GC, con a capofila Impregilo), che costa 66 milioni di euro di fondi pubblici (come previsto nel contratto tra concessionaria e GC), per degli elaborati che, a giudizio delle associazioni ambientaliste, risultano essere estremamente carenti sia dal punto di vista tecnico che dell’impatto ambientale, naturalistico, paesaggistico e idrogeologico, ed evitando così di superare il punto di non ritorno che obbligherebbe lo Stato a versare altri 56 milioni di euro per il progetto esecutivo e a pagare penali fino a 425 milioni di euro nel caso dell’avvio anche di un solo cantiere per l’opera principale o delle opere connesse.”
Non si manca di sottolineare che, in un momento in cui si è costretti a tagliare risorse per le esigenze più quotidiane, si rischia di congelarne un’ingente quantità per un solo progetto, il cui costo aumenta di anno in anno (solo dall’aprile 2010 al luglio 2011 si è passati da 6,3 ad 8,5 miliardi di euro: + 34%), mentre sarebbe molto più ragionevole impiegarle per uno sviluppo reale del Mezzogiorno, per il risanamento del suo territorio e per interventi di adeguamento e ammodernamento delle infrastrutture esistenti, a cominciare dal potenziamento delle ferrovie siciliane e dal completamento dei lavori dell’A3 Salerno-Reggio Calabria e della SS106 Ionica.
Sarebbe lungo elencare in una breve nota tutte le osservazioni di natura strettamente tecnico-ingegneristica che il gruppo di lavoro ha elencato e descritto nel documento.
La constatazione che la procedura di VIA speciale per le infrastrutture strategiche non è stata rispettata perché l’opera in fase di progettazione ha subito modifiche sostanziali sia sotto il profilo dello sviluppo verticale (le torri sono state rialzate sino a circa 400 metri, rispetto ai 382,6 metri del progetto preliminare), che dell’orientamento lineare (si tratta di un ponte sospeso a campata unica di 3,3 km di lunghezza, il cui blocco di ancoraggio è stato spostato di 10 metri con conseguente differimento delle fondazioni sui versanti siculo e calabro, e rotazione dei pilastri e della struttura principale), come dello sviluppo orizzontale (modifica strutturale e dell’inclinazione dell’impalcato).
Viene evidenziato anche che la larghezza dell’impalcato è enormemente maggiore di quella necessaria al flusso di traffico e che sono totalmente false e contrarie all’andamento degli ultimi anni le previsioni di traffico.
Si passa poi a denunciare la mancata valutazione di incidenza che il Ponte avrebbe sulla fauna e sugli habitat, essendo l’area dello Stretto un’ecozona importantissima sia per la migrazione degli uccelli, sia per il passaggio dei cetacei e di molte specie di pesci pelagici.
Il progetto manca poi di un quadro di dettaglio di opere connesse essenziali quali la stazione di Messina e i raccordi ferroviari sul versante calabro e presenta gravi carenze riguardo alle descrizioni delle componenti geosismotettoniche in una delle zone a più elevato rischio sismico del Mediterraneo.

Si mette ancora in evidenza l’assenza del Piano Economico Finanziario per un’opera che, oltre ad essere inutile è anche sovradimensionata, poiché sarà utilizzata a regime in una percentuale compresa tra il 10 e il 15% della propria capacità, mentre d’altra parte si finge di ignorare che essa è stata cancellata lo scorso ottobre dalla lista dei dieci corridoi delle Reti transeuropee (TEN-T) di trasporto su cui punta l’Unione Europea entro il 2030, poiché ritenuta non sostenibile per l’elevatissimo impatto ambientale, sociale ed economico e inutile per la mobilità del Paese.
L’invito è rivolto direttamente al premier nella sua veste di coordinatore del CIPE – Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica – e chiede “che il Comitato consideri il progetto definitivo del ponte, a proprio insindacabile giudizio, non meritevole di approvazione (…) senza che il Contraente generale possa avanzare richieste per il riconoscimento di maggiori compensi e/o pretese, c chiedendo, conseguentemente, che la Stretto di Messina SpA receda dal contratto pagando solo le spese sino a quel momento sostenute dal General Contractor.”
Ci fa particolarmente piacere notare come questo autorevole documento riprenda buona parte delle osservazioni che, in parecchi interventi precedenti, sono state da noi proposte. Il nostro auspicio è che questo nuovo governo porga l’orecchio al grido di allarme che finalmente è stato sollevato anche da ambienti non sospettabili di ideologia.

Argo

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