Dal 13 dicembre la Sicilia è un po’ più isola.
Alcuni giorni addietro (il 22 novembre), avevamo anticipato la notizia, ribadita dal Comitato pendolari in data 25: con l’entrata
Abbiamo ricevuto e pubblicato volentieri un altro comunicato del Comitato pendolari siciliani (Tagli al trasporto pubblico, politica e Unità d’Italia) che opportunamente ci ricorda altre due tristi realtà.
Innanzitutto che il problema non riguarda solo i collegamenti con il continente ma anche lo stato di progressivo abbandono in cui versa la pur cospicua rete ferroviaria regionale.
E, in secondo luogo, l’impressionante silenzio con cui i nostri rappresentanti politici sembrano far finta che la questione non li riguardi: per certi versi è vero, tanto loro possono prendere gratis l’aereo come e quando vogliono.
Quanto alla proposta di trasferire la gestione del trasporto locale alle Regioni o, ancora peggio, a delle società private, sarebbe solo uno dei frutti avvelenati del “federalismo” all’italiana, quel metodo che consiste nel “cedere” agli enti locali solo ed esclusivamente la responsabilità delle strutture non redditizie, anche se socialmente utili, senza specificare come possono operare economicamente, visto che i trasferimenti dallo Stato sono sempre più ridotti.
Al danno si aggiunge poi la beffa, quando si pensi che proprio lo stesso giorno dell’entrata in vigore del nuovo sistema ferroviario statale, è scesa ufficialmente in campo la nuova compagnia privata che si metterà in concorrenza con quella pubblica proprio nel mercato dell’alta velocità.
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Si tratta della NTV di Luca Cordero di Montezemolo & C., il cui piano industriale, naturalmente, non prevede treni che vadano oltre Salerno, esattamente come l’alta velocità di Trenitalia.
Si dimostra così ancora una volta che il vero problema di una moderna rete ferroviaria nell’Italia meridionale non è affatto l’attraversamento dello Stretto di Messina ma la possibilità di costruire, senza affrontare costi enormi, una linea adeguata ai treni veloci lungo l’asse del territorio calabrese.
La filosofia della Tav si dimostra quindi sbagliata, se non in sé, almeno nella misura in cui si tratta di un treno che è pagato con i soldi di tutti, ma è destinato a pochi.
Forse a questo punto bisognerebbe chiedere a Carlo Levi di modificare il titolo del suo più famoso romanzo: Cristo non si è fermato a Eboli, ma un po’ prima, a Salerno!
Leggi il testo del Comunicato del 16 dicembre, Non può esistere solo la Tav
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