A Catania si continua a discutere dell’ipotesi di interrare la stazione ferroviaria e la parte costiera dei binari per liberare il waterfront, ma, se continua di questo passo, le (cosiddette) Ferrovie dello Stato stanno risolvendo il problema a monte: stanno semplicemente cancellando Catania e tutta la Sicilia dalla carta ferroviaria d’Italia.
A partire dal 12 dicembre, infatti, saranno cancellati i treni nazionali a lunga percorrenza che consentivano il collegamento diretto fra Catania e Torino, Milano, Venezia. Rimarranno solo cinque treni per Roma che costringeranno i viaggiatori a cambiare convoglio nella capitale e a servirsi della costosa Alta Velocità per raggiungere le località del centro-nord. Così nessuno potrà dire che i siciliani non avranno mai l’Alta velocità.
Da 14 collegamenti per e dal Nord per un totale di 56 treni circolanti nel 2005 in Sicilia si passerà in tutto a 5 collegamenti fra Palermo-Roma e 5 fra Siracusa-Roma per un totale di appena 14 treni. Scompariranno inoltre i mitici vagoni letto e i treni non circoleranno più dalle 23 alle 5.
Solo per fare qualche esempio: partendo il 19 dicembre, per andare a Torino bisognerà cambiare prima a Roma e poi a Pisa, e si arriverà belli, freschi e sbarbati dopo sole 26 ore di viaggio.
Per andare a Venezia si potrà invece scegliere per un comodo viaggio di ‘sole’ 13 ore e mezza, partendo da Catania alle 8 e 43, ma, se proprio ci si vuole male, si può scegliere di partire alla 11 e 43, arrivare a Roma alle 21 e 30, sistemarsi su una comoda panchina di marmo per passare la notte e ripartire l’indomani mattina alle 6.45, per essere infine a Venezia alle 10.30: solo 22 ore e 50 minuti, al modico prezzo di 132,50 euro in seconda classe.
Nell’attesa inoltre che si materializzi l’araba fenice del ponte sullo Stretto, si sta provvedendo ad eliminare progressivamente la flotta dei traghetti di Messina, già ridotta al minimo.
A queste soppressioni se ne devono aggiungere decine di altre nel trasporto regionale; la limitazione dell’offerta significherà, ad esempio, che i viaggiatori in arrivo all’aeroporto di Catania non troveranno treni utili in coincidenza dell’ultimo volo della giornata.
Stessa musica per il trasporto merci. La Nts srl (Network terminali siciliani), la società nata nel 2007 che avrebbe dovuto realizzare e gestire il Centro intermodale di Catania Bicocca, è stata messa in liquidazione. Pur avendo nel tempo ridotto al minimo i costi operativi e senza aver fatto muovere un solo convoglio, era già riuscita ad accumulare un passivo di 600 mila euro.
Eppure si trattava di un progetto valido: un polo intermodale unico che avrebbe dovuto sostenere il traffico fino a 1 milione e 200 mila tonnellate, contro le attuali 400 mila.
Naturale corollario di questa politica è la contrazione del personale occupato. Nell’arco di sette anni Trenitalia, secondo quanto rende noto la Cisl, ha dimezzato il proprio organico per i treni a lunga percorrenza: da 142 macchinisti si è passati a 64, da 115 capitreno a 63 e da 257 operatori della manutenzione agli attuali 151.
Per ottenere questi straordinari risultati si stanno sommando da un lato la decisione delle Ferrovie dello Stato di non investire più nel Sud e di concentrare il grosso degli investimenti sull’alta velocità da Napoli a Milano e dall’altro i tagli delle risorse fino al 70 per cento da parte dell’ex governo Berlusconi per i prossimi anni.
E i politici siciliani, regionali e nazionali, stanno a guardare!
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