17 novembre, sciopero nazionale dei lavoratori della scuola e degli studenti

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Caduto il governo Berlusconi, per gli effetti drammatici della crisi economica, ma, anche, grazie alle tante mobilitazioni che hanno visto protagonista il mondo dell’istruzione e della cultura, non sono stati risolti, purtroppo, i problemi che affliggono la scuola e l’università in Italia. Nell’ultima manovra finanziaria (la legge di stabilità) appena approvata sono stati infatti decisi ulteriori tagli e quasi 11.000 docenti in esubero, nella scuola, rischiano il licenziamento.
Per difendere la scuola pubblica statale e il diritto al sapere, il movimento degli studenti e i sindacati di base (Cobas della Scuola e C.U.B.) non gettano la spugna e riprendono a manifestare. In primo luogo, contestano il fatto che Bruxelles, limitando la sovranità dell’Italia, imponga ricette di “lacrime e sangue” al nostro Paese colpendo, ancora una volta, le fasce sociali più in difficoltà.
Ricette che renderanno sempre più difficile l’accesso al lavoro e non produrranno nessuna ripresa.Libertà di licenziamento, introduzione nel lavoro pubblico della cassa integrazione, allungamento dell’età pensionabile, cancellazione degli effetti del referendum su acqua, servizi pubblici e nucleare non solo non rappresentano la soluzione, ma non fanno altro che aggravare i problemi.
Nella scuola, in particolare, rimane il blocco dei contratti e degli scatti di anzianità, vi è una drastica riduzione degli organici (che, ovviamente, incide in modo decisamente negativo anche sulla qualità dell’istruzione), e si parla di differenziare gli stipendi degli insegnanti sulla base dei test Invalsi, che possono magari servire a monitorare ma nulla ci dicono dell’impegno degli insegnanti nell’operare con ragazzi provenienti da contesti sociali e culturali diversi .
I promotori dello sciopero non si limitano, però, a ribadire che chi “taglia” la cultura cancella il futuro, ma individuano le strade alternative che possono/devono essere percorse per uscire dalla crisi. Indicando, come sia possibile recuperare le risorse necessarie, per evitare che a pagare siano sempre i “soliti noti”.
Ben 200 miliardi di euro potrebbero essere recuperati, ogni anno, imponendo una tassa patrimoniale dell’1% al 10% degli italiani che possiede il 55% della ricchezza; colpendo, anche parzialmente, l’evasione fiscale; riducendo la corruzione nelle strutture pubbliche; ponendo limiti alle “pensioni d’oro”, cancellando le missioni di guerra (peraltro incostituzionali) e riducendo le spese militari.
“In questo modo – come si legge nel volantino che convoca la manifestazione – ci sarebbero risorse sufficienti per ‘aggiustare’ il bilancio pubblico, avere salari e pensioni adeguate, investire in scuola e sanità (pubbliche), nei servizi sociali, nei beni comuni, nella tutela del patrimonio naturale e artistico. Si potrebbe, inoltre, porre fine alla precarietà lavorativa garantendo un’occupazione stabile e un reddito minimo per tutti.
A Catania l’appuntamento per chi vuole partecipare alla manifestazione è alle ore 9 in piazza Roma.

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