All’interno della festa promossa a Catania dalla Federazione della Sinistra (Rifondazione Comunista e Comunisti Italiani), il 7 ottobre è
Una crisi, scoppiata nel 2007 “a causa del collasso del modello di consumo degli Stati Uniti, basato sull’indebitamento privato, che consentiva di mantenere consumi elevati nonostante stipendi in calo ormai da decenni”, dalla quale non siamo mai usciti.
Una crisi aggravata dalla crescita degli investimenti nei paesi di nuova industrializzazione a cui non ha corrisposto una proporzionale diminuzione nei paesi industrialmente avanzati.
Viste le caratteristiche “unitarie” del sistema economico, le perdite maturate in alcuni settori (mutui subprime e obbligazioni basate su di essi) si sono estese a macchia d’olio agli altri. Le banche e molte imprese private sono state perciò salvate con enormi iniezioni di denaro pubblico.
Quindi, quella che si presenta come una crisi del debito pubblico non è soltanto né principalmente questo: è una crisi di crescita e di competitività. La crisi fiscale è, dunque, una derivata necessaria di questa crisi. Quello che stiamo vivendo oggi è il tentativo di risolvere tutto ciò attraverso la distruzione, su larga scala, dei sistemi di welfare.
Con l’obiettivo di conseguire due risultati:
Questo processo sta aggravando la crisi della domanda interna che affligge i principali paesi capitalistici.
Per quanto riguarda in particolare l’Europa, la crisi della domanda interna – essendo il mercato europeo fortemente integrato – diventa immediatamente crisi dell’export.
I paesi europei maggiormente coinvolti dalla crisi del debito sovrano, ‘grazie’ alle ricette imposte dal FMI e dalla BCE, si stanno avviando verso una depressione economica che aumenta la distanza rispetto ai paesi del “gruppo di testa” dell’Unione, rendendo, di fatto, sempre più insostenibile l’esistenza stessa di una moneta comune e sempre più probabile il default di questi paesi.
La partita che si gioca in Italia è inserita in questo contesto. “La manovra Berlusconi-Tremonti non è soltanto iniqua: è devastante tanto per i bilanci di milioni di famiglie, quanto per le sorti della nostra economia e per la stessa sostenibilità del nostro debito pubblico. Con essa il declino economico del nostro Paese, che in questi anni è andato di pari passo con una crescente disuguaglianza nella distribuzione del reddito, rischia di diventare irreversibile”.
Se, perciò, prevarranno i pasdaran del pareggio di bilancio, il destino dell’economia italiana è segnato: nessuna crescita sarà possibile e quindi – precisamente per questo – il default sarà garantito.
L’alternativa non può, però, essere rappresentata dalla parola d’ordine del ripudio del debito. In questo caso, infatti, il default sul debito italiano sarebbe pagato in parte non piccola da lavoratori e pensionati, che da decenni sono abituati a vedere nei titoli di Stato il porto più sicuro per i propri (pochi) risparmi.
Inoltre, il default andrebbe di pari passo con l’uscita dall’euro e una forte svalutazione, che determinerebbe un crollo del potere d’acquisto dei lavoratori.
Queste, invece, le proposte di Giacché:
La battaglia contro la privatizzazione del porticciolo di Ognina sembrava vinta. A maggio dello scorso…
In Sicilia si chiamano Assistenti all’Autonomia e alla Comunicazione (ASACOM), in Italia hanno altre denominazioni,…
Felice Rappazzo, docente dell'Università di Catania, ci propone la sintesi di un dibattito avvenuto presso…
Un ‘bellissimo novembre” per il Ponte sullo Stretto, sul quale – in questi ultimi giorni…
Offrire agli studenti l’opportunità di ragionare su fenomeni di rilevanza economica che non siano riducibili…
Tornano su Argo i catanesinpalestina per parlarci della edizione 2024 del Nazra Palestine Short Film…
View Comments