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Piccoli storici crescono, una Sicilia multiculturale

E’ proprio vero che ai ragazzi non piace studiare la storia? Qualcuno ha provato a mettere nelle loro mani dei documenti e si sono appassianati!
Ecco un esempio di laboratorio di storia realizzato in una seconda classe della scuola superiore. A partire da epigrafi e pergamene, e con l’aiuto di qualche pagina di saggio, gli studenti hanno cercato di capire come vivessero persone di cultura e lingua diverse nella Sicilia medievale. E hanno imparato a “interrogare” le fonti senza dar nulla per scontato. Se vi pare poco…

L’oggetto di questo laboratorio è stata la Sicilia medievale (in particolare tra i secoli XI e XIII) come terra multiculturale. La nostra isola, in quel  periodo, era infatti il punto di incontro delle culture più significative del Mediterraneo. Ecco perchè è stato scelto come titolo “Il mondo in un’isola”.
Le culture presenti erano:

  • quella greca, che caratterizzava la Sicilia sin dai tempi della colonizzazione (VIII sec. a.C.) e non era mai scomparsa neanche in seguito alla conquista romana. Era anzi stata riconfermata dalla conquista bizantina e dai trasferimenti di monaci e laici dall’oriente, in seguito alle lotte religiose e iconoclastiche.
  • quella latina, che aveva caratterizzato soprattutto il potere politico, essendo il latino usato come lingua ufficiale anche nei documenti della corte normanna
  • quella araba, diffusa in seguito alla conquista e legata alla religione musulmana
  • quella francese, portata dai Normanni, ma non documentata da fonti scritte, perchè i Normanni preferirono utilizzare le lingue più diffuse cioè il greco, il latino e l’arabo
  • quella galloitalica, che caratterizzava i gruppi di uomini del nord che erano venuti al seguito dei Normanni e che parlavano i loro dialetti, non documentati in testi scritti ma presenti ancora oggi in caratteristiche fonetiche delle parlate di alcuni paesi dell’interno, da Nicosia a San Fratello
  • quella ebraica, unica cultura non arrivata attraverso una conquista, ma presente nell’isola a causa di colonie di ebrei dediti al commercio.

I documenti adoperati nel laboratorio sono stati:

  • brani tratti da la Gheniza del Cairo
  • la pergamena denominata Nomina Villanorum Catanensis
  • il cosiddetto Documento Purpureo
  • alcune epigrafi plurilingue

Per la comprensione di questi documenti sono stati utilizzati alcuni saggi, presenti nella bibliografia.
La così detta Gheniza del Cairo indica una “camera” contenente un insieme disordinato di documenti ebraici, conservati perchè contengono il nome di Dio e attualmente sparsi in varie università del mondo. I documenti in essa contenuti sono stati a lungo non compresi, e quindi non studiati, fino a quando non si è individuata la loro particolarità: nonostante siano scritti in alfabeto ebraico, viene adoperata la lingua araba.

Questo è già un segnale importante dei profondi legami tra le varie culture. Nonostante gli ebrei siano sempre stati gelosi della loro cultura, utilizzavano per le comunicazioni, prevalentemente commerciali, ma anche private o poetiche, la lingua araba.

Da questi documenti sono state estrapolate varie informazioni, anche non immediatamente attinenti all’argomento della ricerca. Si è visto, ad esempio, che il commercio in Sicilia era molto sviluppato e che riguardava non solo prodotti agricoli, ma anche prodotti industriali. Si è capita l’importanza del turbante, considerato un capo di vestiario più importante dell’abito, in quanto copriva la parte più nobile dell’uomo, la testa.

La lettura delle pagine della Gheniza è stata fatta su una traduzione inglese, realizzata dal più importante studioso di questa fonte. Nonostante i rischi connessi ad una analisi condotta su una doppia traduzione, si è ritenuto utile proseguire perchè interessava osservare gli elementi che dimostrano la presenza di una realtà multiculturale, come l’uso della lingua araba da parte di Ebrei o i contatti di lavoro che questi ultimi avevano con persone di religione cristiana.

Un altro dei documenti analizzati è una pergamena custodita presso l’Archivio diocesano di Catania e quindi vista dai ragazzi in originale. In questo documento (Nomina Villanorum Catanensis), Ruggero II affida alla giurisdizione del vescovo di Catania 850 famiglie di saraceni. Pur essendo un documento ufficiale della corte normanna vengono adoperate la lingua greca e quella araba. A proposito del contenuto, è interessante notare che le famiglie arabe decidono di rimanere in Sicilia anche dopo la conquista normanna perchè, in questa fase, l’isola è ancora una terra multiculrurale.

E’ stata poi analizzata un’altra pergamena, il cosiddetto Documento purpureo. Si tratta di una pergamena di colore tendente al rosso, con scrittura in oro, conservata nella Cappella Palatina di Palermo. La lingua adoperata è prevalentemente il greco, con qualche frase in latino.
Le pergamene purpuree erano utilizzate soprattutto presso la corte bizantina per documenti importanti, riferiti ad occasioni solenni e con un richiamo religioso al sangue versato da Cristo. La scrittura in oro sottolineava il potere e l’eccellenza dell’imperatore. Il documento non è del tutto integro. Appare gualcito, strappato ai margini e corroso nei punti di piegatura e necessiterebbe di un restauro accurato.
E’ l’unico diploma siciliano purpureo con scrittura in oro e alcuni studiosi hanno dubitato che fosse prodotto dalla cancelleria normanna ritenendo piuttosto che provenisse da quella bizantina. Si tratta della concessione, da parte di Ruggero, di un titolo onorifico (protonobilissimo) ad un funzionario della corte. Vi sono incisi dei monogrammi che permettono di risalire ai sovrani della corte in cui il documento fu composto. Anche in questo caso si nota la compresenza di culture diverse (soprattutto bizantina e normanna) che convivono e si intrecciano.

Sono state prese in esame anche alcune epigrafi plurilingue, la più importante delle quali sembra scritta in quattro lingue diverse. In realtà le lingue sono tre: latino, greco e arabo. Quella che sembra una quarta lingua è sempre arabo, ma scritto in caratteri ebraici, come abbiamo visto nella Gheniza. Il testo, nelle tre lingue, è più o meno lo stesso e riguarda la morte di Anna, madre del chierico Grisanto. E’ diversa la data, in quanto è computata secondo i diversi sistemi di datazione delle varie culture (latina, greca, araba, ebraica).

Un’altra epigrafe in tre lingue fa riferimento alla costruzione di un orologio voluto da Ruggero. Il testo di ogni lingua presenta, in questo caso, delle variazioni notevoli e solo da quello in lingua greca si deduce che si trattava di un orologio ad acqua.

Al di fuori del contenuto specifico del laboratori, ciò che ha reso quest’esperienza molto formativa è il “come” gli studenti hanno lavorato. Il laboratorio non ha solamente migliorato le loro conoscenze sul periodo considerato, ma ha permesso di sviluppare delle competenze che potranno essere utili nell’apprendimento di altri contenuti e soprattutto nella lettura critica di documenti di altra natura e di altri periodi storici, fino ad arrivare al presente.

Guarda la presentazione “Il mondo in un’isola

Argo

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