La decisione del facente funzioni di Procuratore della Repubblica di Catania Patanè, e dell’aggiunto Zuccaro , di prosciogliere Raffaele Lombardo e il fratello Angelo dall’accusa di associazione mafiosa,vanifica un’inchiesta che, con ampia documentazione, ha prospettato l’intreccio indissolubile che lega borghesia mafiosa,ceti politici e criminalità organizzata.
Si riconferma,ancora una volta, la convinzione che a Catania,diversamente che a Palermo, i potentati politici ed economici sono intoccabili. Infatti,da Grassi a Di Natale, dalle sentenze di Russo a quelle di D’Angelo, fino ai comportamenti di D’Agata che sono apparsi platealmente schierati con la difesa degli indagati,la gestione della Procura ha sempre dato l’impressione di fungere da garante degli equilibri politici e della grande imprenditoria dei cavalieri vecchi e nuovi.
Il caso Catania non è chiuso,anzi è più aperto che mai, e tocca al Csm ristabilire le condizioni del rispetto della legalità e dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, attraverso la nomina di un esterno a capo della Procura, una figura totalmente libera da condizionamenti, per come richiesto ripetutamente con un motivato appello da un significativo schieramento della società civile e dell’antimafia sociale. Un appello reso ancora più pregnante dopo i pronunciamenti degli organi giurisdizionali di considerare illegittima la nomina di Patanè a reggente, che di fatto, anche se non de iure, priva di credibilità il salvataggio di Lombardo.
Sebbene penalmente meno rilevante, il rinvio a giudizio per voto di scambio getta un’ombra indelebile sulla vera natura dell’accordo spartitorio tra il Pd di Lupo e Lumia con Lombardo per le elezioni amministrative della prossima primavera. Con un personaggio simile e con il suo progetto non è possibile alcuna relazione politica.
Perché il suo autonomismo terzopolista e trasformista è funzionale, in continuità con la peggiore tradizione dei gruppi dirigenti isolani, a concordare, con il governo nazionale e la grande imprenditoria del centronord, la destinazione delle risorse pubbliche a favore dei privati e dei comitati d’affare.
Perché rimane il dato acclarato delle frequentazioni di Lombardo e dei suoi con personaggi e pregiudicati accusati e condannati per mafia.
Perchè si conferma che la sua scalata ai vertici della regione, oltre che con l’appoggio di Berlusconi, Alfano, Dell’Utri e Cuffaro, è stata favorita dalla moltiplicazione delle clientele e dal voto di scambio.
La formazione dell’attuale compagine governativa,con l’allontanamento degli esponenti della destra reazionaria, è stata agita strumentalmente per consegnare a Lombardo una rilegittimazione politica in una fase di transizione, di ristrutturazione e ricomposizione dei poteri e degli interessi affaristici.
Un’operazione trasformista negata dal fallimento clamoroso delle riforme della Sanità, della P.A., del Piano energetico regionale. Un disegno sbugiardato dalla sistematica cooptazione nel nuovo organigramma delle figure chiave prima legate a Cuffaro, oltre che dalla spregiudicata dissipazione delle risorse finanziarie bruciate per allargare la rete clientelare e del consenso.
Occorre perciò, senza tatticismi e senza perdere altro tempo, avviare a sinistra un percorso programmatico e di lotta, per un’alternativa antimafiosa e di legalità anche in Sicilia: ponendo a fondamento della scommessa politica, l’affermazione dell’interesse generale, l’intangibilità dei beni comuni, la democrazia partecipata contro la delega e la passivizzazione. Occorre, di conseguenza, manifestare e organizzare la massima indignazione contro il degrado delle istituzioni.
Mimmo Cosentino, segreteria regionale Rif. Comunista/FdS
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