Studenti siciliani, indecisi, tar-tassati, senza futuro

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Indecisi, preoccupati, pessimisti sul loro futuro. Sono così , all’indomani della maturità, gli studenti siciliani che non sanno neppure cosa fare, a quale facoltà iscriversi, nè intravedono prospettive di lavoro. Così una indagine realizzata dall’Istituto Nazionale di Ricerche Demopolis tra gli studenti dell’ultimo anno delle scuole superiori dell’Isola ripresa in un interessante dossier da A Sud’Europa (p. 17).
Solo il 27% degli studenti che hanno scelto di proseguire gli studi ha già deciso a quale facoltà e corso di laurea iscriversi. Un quinto degli intervistati vuol lavorare ma teme che si tratti di impieghi occasionali. Un quarto di essi non sa cosa fare. I giovani intervistati ritengono che le assunzioni non dipendano dalla preparazione e dalle competenze professionali ma dalle conoscenze politiche e personali, dalle vecchie care raccomandazioni, insomma. O peggio. E poi c’è il futuro che i ragazzi vedono nero. Sono convinti che la loro posizione sociale ed economica sarà peggiore di quella dei loro genitori.
Gli studi, inoltre, sono sempre più costosi. (A Sud’Europa p. 19) Le tasse negli ultimi anni sono aumentate del 38,3 per cento. Dell’8,7 solo nell’ultimo anno. In media lo studente che nel 2009 pagava 1.024,5 euro, nel 2010 ha versato al proprio ateneo ben 1.113,6. E qualche università ha fatto registrare, sempre in quell’anno, aumenti record. È il caso di Catania, dove il rincaro è stato del 51 %. In controtendenza, invece, ma solo sulla carta, Palermo, con il 10% in meno. Sulla carta, dicevamo, perchè in quell’ateneo è stata data agli studenti la possibilità di rateizzare le tasse e quindi nel calcolo delle cifre sborsate dai ragazzi mancano le somme ancora da corrispondere. (A Sud’Europa p18)
Laurea o meno, la crisi economica mondiale affligge maggiormente i giovani meridionali. A Sud’Europa (p21) cita l’analisi contenuta nel rapporto del Cnel sul “Mercato del lavoro 2010-2011”, presentata a Roma il 14 luglio scorso. Dai dati sembrerebbe il contrario, che, cioè, fosse più grave al Centro-Nord la piaga della disoccupazione. Ma non è così. Al Sud, infatti, ai disoccupati bisogna sommare gli inattivi “scoraggiati”. Così il tasso di disoccupazione meridionale si aggira intorno al 25 % della popolazione. Una volta perso il lavoro, infatti, molti diventano fantasmi, e scompaiono oltre che dal mercato del lavoro anche dalle statistiche “ufficiali”.

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