L’informazione è impegno. Lo hanno ribadito tutti i relatori intervenuti alla presentazione de “I quaderni de L’ora”, la rivista mensile nata nel febbraio scorso e che si richiama allo storico quotidiano palermitano per decenni in primissima fila nella lotta alla mafia. Nell’auditorium del Benedettini, a Catania, viene presentato il nuovo mensile ma si ricorda e viene evocato -eccome- il vecchio quotidiano, quello di Vittorio Nisticò, delle battaglie contro la criminalità, degli attentati e dei morti, troppi per una sola testata.
Parla Walter Rizzo, corrispondente del quotidiano palermitano nella fase finale. Parla degli insegnamenti de l’Ora: il metodo dell’inchiesta, il rigore professionale, l’essere cittadini prima che giornalisti.
Giuseppe Pipitone, giovane redattore del mensile, che aveva sei anni quando L’ora chiuse i battenti, ha dimostrato “sul campo” il suo impegno contro la mafia, tanto che l’organizzazione criminale gli ha già inviato una lettera in cui lo minaccia di morte.
Entusiasta Orazio Licandro, della Segreteria Nazionale del Pdci-Federazione della Sinistra, presenta quasi uno spot in cui invita a comperare I quaderni che raccontano la Sicilia di oggi e denunciano le magagne di sempre.
Vittorio Corradino, presidente dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia e componente del Comitato di direzione della rivista definisce la nascita del mensile un'”operazione culturale in questa situazione di stampa omologata”.
Per il giornalista e scrittore Giuseppe Lo Bianco, direttore responsabile della testata, raccontare è giudicare. “Bisogna schierarsi – dice – e giudicare i fatti”. E racconta del nonno, fondatore del Corriere di Sicilia, morto di crepacuore all’indomani dell’attentato fascista che distrusse la tipografia del giornale.
Insiste sull’importanza , sul ruolo dell’informazione libera e indipendente in un’ epoca in cui ci sono tante verità difficili da raccontare, anche il magistrato Antonio Ingroia, procuratore aggiunto a Palermo componente del Comitato dei garanti della rivista. Compito dei magistrati è vegliare sulla democrazia, garantirla. Giustizia e democrazia, certo, vanno insieme ma occorre che ci sia anche un’informazione corretta, sana. Occorre che la gente conosca ciò che accade e possa decidere e scegliere liberamente. In Italia ci sono tante vicende ancora da chiarire: le indagini sulle stragi di Firenze, Roma e Milano, quelle sulle trattative tra Stato e mafia sono ancora lungi dall’essere concluse.
Insomma occorre che la stampa sia schierata, che abbia coraggio e che racconti una Sicilia – denuncia Lo Bianco- in passato troppo spesso taciuta.
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