Sono più di quattro milioni, 90.000 in più rispetto all’anno scorso. Non arrivano, rischiando la vita, sulle coste di Lampedusa o di Porto Palo. Percorrono rotte opposte. Sono i nostri migranti, gli italiani residenti all’estero. Sono, appunto oltre 4,1 milioni. Tra le regioni italiane il triste primato del maggior numero di emigrati spetta alla Sicilia, con oltre 600.000 residenti all’estero; Catania è tra le prime città capoluogo per numero di iscritti all’AIRE (Anagrafe Italiani residenti all’Estero) e la seconda provincia siciliana, dopo Agrigento. E’ quanto emerge dal VI Rapporto della fondazione Migrantes.
Diversi spunti di riflessione nelle oltre 500 pagine, che cercano di analizzare un fenomeno con più sfaccettature:
- la sostanziale uguaglianza tra il numero di nostri connazionali all’estero e il numero di immigrati in Italia, anche se l’equilibrio è destinato a rompersi negli anni a venire perché gli immigrati crescono a un ritmo più accentuato
- la doppia cittadinanza per 1 milione e mezzo di italiani all’estero “che vivono il transazionalismo, ovvero una identità multipla, in transizione tra più culture”
- il rientro – ogni anno – di circa 50.000 italiani (metà dei quali meridionali)
- l’iscrizione di 41 mila studenti nelle università straniere; la partecipazione ai programmi ERASMUS di circa 18 mila studenti
- l’esiguo numero di italiani all’estero per tirocinio di lavoro (solo 1622)
- 200 mila emigrati per conto delle organizzazioni ONG nell’ambito della solidarietà internazionale
Il fenomeno dell’emigrazione italiana, nato nel passato come unico mezzo di sostentamento di ampie fette di popolazione prive di possibilità occupazionali, è radicato nel presente con oltre 60 milioni di collettività di origine italiana ripartita in diversi continenti ed è proteso verso il futuro, dove tutti siamo chiamati a essere cittadini del mondo (Delfina Licata).
Al di là degli aspetti positivi del transazionalismo, è certamente preoccupante il fenomeno crescente del salasso dei laureati, che riguarda tanto il Nord quanto il Sud. Tanto più che si tratta di scelte obbligate, legate alla mancanza di lavoro nelle terre d’origine.
Per saperne di più: Rapporto italiani nel mondo 2011