Ma il Festival aveva ambizioni maggiori, come si può leggere nel sito ufficiale “in un momento di grande tensione per il Mediterraneo, da quando ha assunto un’identità Mediterranea nel 2007, il festival è diventato un punto focale per la cultura cinematografica di questa regione”.
E, in effetti, il dialogo interculturale nel Mediterraneo avrebbe dovuto caratterizzare l’intera rassegna. Invece, come denuncia Antonio Mazzeo, la Fondazione Roma Mediterraneo del potente cavaliere-avvocato-professor Emmanuele Emanuele, sponsor privato della manifestazione (e che ha istituito quest’anno il Premio Award allo sviluppo del dialogo interculturale), ha, di fatto, imposto altri contenuti.
E così, l’incontro su “L’arte e la cultura in una società senza valori”, ospite d’onore lo sponsor, accompagnato da un vecchio amico, Vittorio Sgarbi, si è trasformato in palcoscenico per l’ennesima performance del sindaco di Salemi.
Con molti anni di ritardo, ben altro spessore culturale, ed evidente superficialità se il suo riferimento è Sciascia, Sgarbi ha snocciolato un insieme di triti, e tristi, luoghi comuni, come scrive Mazzeo, contro prefetti, questori, giudici e professionisti anti-mafia. “Sono loro i veri mafiosi perché la mafia in Sicilia non esiste ormai quasi più, è lo Stato la vera mafia e l’antimafia, che è assai peggio della mafia, continua ad alimentare la sua leggenda bloccando l’economia dell’isola…”
Affermazioni, ovviamente non contestate né dallo sponsor, né dalla direttrice della rassegna, Deborah Young , che non meriterebbero alcun commento, ma che fanno indignare anche perché sono state proposte all’interno del Campus formativo del festival destinato a centinaia di studenti liceali e universitari siciliani.
Precedentemente, a fare le spese della scarsa attenzione verso il dialogo interculturale, era stata la tavola rotonda sulle rivoluzioni in nord Africa, nella quale il pubblico si sarebbe dovuto confrontare con i registi Ibrahim El Batout, Habib Attia, Mourad Ben Cheikh, Leila Kilani e Soufia Issami, testimoni diretti del fermento che caratterizza l’altra sponda del Mediterraneo.Il dialogo è stato ridotto a poco meno di un’ora e la proiezione dei loro film rigorosamente concentrata negli insostenibili orari del dopo pranzo.
Ben altra accoglienza per l’appuntamento che ha visto unico protagonista il finanziere franco-tunisino Tarak Ben Ammar al quale, come ricorda Mazzeo, “è stato consegnato per la sua attività di produttore – caso più unico che raro nella storia delle rassegne internazionali – uno dei tre Taormina Arte Award”.
Il socio di Berlusconi ha pronunciato parole commoventi per i migranti che sfidano il Mediterraneo e ha sottolineato l’importanza di non dimenticare ciò che è accaduto in questi ultimi mesi. Peccato che a declamare tutto ciò fosse un ex delegato ai rapporti istituzionali della Presidenza del consiglio con i capi di stato nordafricani, che nel 2011 aveva accompagnato i ministri Maroni e Frattini per stringere una nuova alleanza politico-militare con la Tunisia per ridare il via ai respingimenti in Africa dei migranti.
Sarebbe stato certamente interessante un confronto fra Ammar e i giovani registi che hanno descritto un quadro purtroppo ben più complesso sui processi rivoluzionari in atto. “Il padrone è andato via ma i cani del padrone sono rimasti, abbaiano forte e cercano ancora di mordere”, ha detto, ad esempio, Cheikh.
Ma, in questo clima, organizzare un vero contraddittorio deve essere sembrato ‘onestamente’ eccessivo. Altrettanto complicato l’epilogo con la consegna dell’ Award al dialogo interculturale al regista palestinese Elia Suleiman.
Un riconoscimento sicuramente meritato per un artista autore di importanti film di denuncia in favore di un popolo oppresso da oltre sessanta anni di occupazione israeliana. “Peccato, è ancora Mazzeo che parla, che tra i membri “d’onore” del comitato scientifico della fondazione per “la cooperazione culturale ed economica nel bacino mediterraneo” compaia l’ex ambasciatore d’Israele in Italia, Avi Pazner, portavoce per decenni dei più guerrafondai governi della storia nazionale e strenuo oppositore delle risoluzioni ONU che invocano il ritiro militare dai territori della Cisgiordania pre-1967”.
Proprio per questo motivo, molte associazioni non governative impegnate nella difesa dei diritti dei palestinesi, non ascoltate, avevano chiesto al regista di non ritirare il premio.
Il fatto che l’auditorium del PalaCongressi sia stato denominato “Sala Fondazione Roma Mediterraneo”, infine, fa pensare che il ruolo di Emmanuele è destinato a crescere e, conseguentemente, temiamo che sarà sempre più difficile sviluppare un vero, e necessario, dialogo interculturale.
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