Ciechi per vedere meglio. Ciechi per vedere altro. Per eliminare, non considerandole, le “scorie e i frammenti” dei quali è riempito l’intervallo tra la nostra nascita e la nostra morte. Quattro lavori per raccontare l’esistenza, come “gioco un tantino cieco dove appare un corpo e sparisce”. Quattro lavori, dunque, uno pittorico, uno scultoreo, una videoinstallazione e infine – last but not least – la lettura, da parte dell’autore, del bel testo di presentazione della mostra. Evento questo, unico, almeno per il momento. Si chiama “Cecità” la nuova personale dell’artista catanese Gianluca Lombardo, che fino al 25 giugno sarà alBocs, box of contemporary space gestito da artisti, in via Grimaldi , a Catania, a due passi dal vecchio macello e dalla Fondazione Brodbeck.
C’è, forte, l’elaborazione di lutti, anche di quello dei genitori scomparsi, in questi lavori. Un forte senso della morte, con la voglia di silenzio e immobilità, nel grigio freddo della grafite, nei tunnel stretti e neri come sarcofagi, custodi di frammenti corporei, in quel lenzuolo che si fa sudario anche se poi si riduce a fagotto. Da quell’angustia nasce, come in un “piccolo parto”, il ciclo Cecità, in un’altalena triste tra la vita e l’attesa.
“Volevo offrire ad ogni foto l’opportunità di indietreggiare e non solo di palesarsi, com’è costretta a fare la maggior parte dell’arte che si espone. Volevo poter dire dell’essenza delle cose anche se momentaneamente non visibili….Volevo una forma di oscurità; la sottrazione della luce, dalla luce. Volevo una distanza dal mondo, un allontanamento. Volevo un passaggio. Volevo tutto questo e in un certo senso anche il suo contrario: un venir fuori, un nascere….i tunnel tornano ad essere…un luogo d’attesa, oscillatorio e fluttuante. Una metafora inafferrabile e inconosciuta della vita…”
Biografia
Gianluca Lombardo
Sono 21 i disegni a grafite su carta, montati su tavola, accostati tra loro in un nastro lungo 14 metri e mezzo. Anche per le grafiti Lombardo si impegna a cercare un non nero che si avvicini al nero senza raggiungerlo mai, per “una continua e imprevedibile probabilità”. La videoinstallazione si snoda su tre piccoli schermi al led. Ancora un mezzo per lo stesso racconto: “Quel forse, ma non sono sicuro, che ci ha fatto esseri umani con due occhi” per guardare in prospettiva l’infinito.
Contrappunto alla mostra undici poesie, Poèmes pour Cecità, scritte appositamente per l’evento dal poeta francese Yves Bergeret. Una per tutte. Sotto la mia palpebra/il mio corpo all’infinito/il mio corpo non finito/la vostra folla/e il nostro balbettio, onda/sopra qualche dio morto.
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