Mentre la fattibilità dell’opera è ancora da dimostrare e nessuno sa se e quando inizieranno i lavori, la lievitazione dei costi è una certezza.
Il consiglio di amministrazione della Stretto di Messina (Sdm), società interamente pubblica fra Anas, Rfi, Regione Calabria e Regione Siciliana, ha, infatti, indicato in 7,865 miliardi di euro lo stanziamento necessario (precedentemente si era parlato di 6,1 miliardi), con la possibilità concreta di un’ulteriore crescita della spesa che potrebbe raggiungere i 9 miliardi.
Come sintetizza G. Turano sull’Espresso, “ci vogliono 6,1 miliardi di euro per il ponte vero e proprio. Di questi soltanto 1,65 miliardi sono disponibili. Altri 850 milioni sono
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necessari per opere complementari (zero disponibili), 289 milioni per opere connesse (5 milioni disponibili). 600 per i nodi urbani (4 milioni disponibili) e 26 milioni per la variante di Cannitello (tutti disponibili).
Insomma, basta trovare 6,18 miliardi di euro, senza illudersi che i privati si interessino di un investimento in pura perdita e il gioco è fatto”.
E’ interessante notare che oltre la metà di questo nuovo incremento dei prezzi graverà sulle Ferrovie dello Stato , emarginate rispetto all’elaborazione tecnica del progetto nonostante l’attraversamento ferroviario rappresenti, sotto il profilo della tecnica ingegneristica, uno degli aspetti più complessi e critici.
Ferrovie dello Stato che, peraltro, non sembrano credere alla fattibilità dell’opera visto che hanno annunciato l’acquisto di una nuova nave per i collegamenti sullo Stretto (si tratta, peraltro, di un investimento significativo, 49,5 milioni di euro).
In questa situazione, a rischiare di più sembrerebbero essere le imprese (il consorzio Eurolink, con in testa Impregilo che nel 2005 si era aggiudicata la gara per le opere della monocampata al prezzo di 3,9 miliardi di euro) che dovrebbero costruire il ponte. Dovrebbero, perchè il condizionale è d’obbligo.
Ma, trattandosi di privati (il Governo utilizza ‘generosamente’ solo i soldi pubblici), se il progetto non dovesse andare in porto, è il caso di dirlo, scatterebbero penali a otto zeri per inadempienza da parte dello Stato. Insomma, qualora ce ne fosse stato bisogno, emergono ulteriori nuove, e più che fondate, ragioni per bloccare questo progetto.
Leggi il testo dell’articolo di Gianfrancesco Turano sull’Espresso di giovedì 12 maggio 2011, pagina 64 “UN PONTE e mezzo”
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L'articolo è dei soliti comunisti, che non vogliopno lo sviluppo del sud.
L'articolo è dei soliti comunisti, che non vogliono lo sviluppo del sud.