Prosegue la mobilitazione di docenti, alunni e famiglie in difesa della scuola pubblica statale. Manca meno di un mese
Un’indagine a carattere nazionale -gli stessi test sono infatti proposti in tutto il Paese- che dovrebbe servire a rilevare lo stato di salute della scuola di ogni ordine e grado. La protesta non riguarda, ovviamente, l’obiettivo indicato, tutti sono infatti coscienti della necessità di valutare il nostro sistema di istruzione, soprattutto oggi, quando diminuiscono le risorse investite e in classi più affollate, e con meno ore a disposizione, dovrebbe migliorare la qualità del lavoro.
Quello che non va è come (sia dal punto di vista dei contenuti, che delle modalità) tutto ciò è stato fatto. Due le materie oggetto delle prove – italiano e matematica – , domande a risposta multipla la tipologia scelta.
Va preliminarmente rilevato che i test non sono anonimi (ad ogni alunno corrisponde un numero) e che in essi sono contenuti molti dati sensibili che, di fatto, come hanno denunciato i Cobas della scuola, sembrano rispondere ad un’ esigenza di schedatura di massa piuttosto che a rilevare i mutamenti sociali intervenuti. Così come colpisce la dichiarata volontà dell’Invalsi di non sottoporre al test gli alunni diversamente abili.
Ma, soprattutto, l’intera operazione si è svolta senza coinvolgere gli insegnanti: in nessuna scuola è stato condiviso il senso generale dell’intervento, il processo di costruzione dei questionari, la riflessione sui possibili risultati da raggiungere; come se l’Invalsi fosse in grado di produrre prove oggettive, capaci di misurare nello steso tempo abilità, conoscenze, processi di apprendimento.
Ma il test a risposta multipla, visto che di questo stiamo parlando, misura solo ed esclusivamente i risultati e non i processi. Insomma, queste prove sono coerenti con una precisa idea di scuola Con quel modello in base al quale –come afferma B. Vertecchi – “al termine ‘istruzione’ si è andato progressivamente sostituendo quello di formazione: un processo che modifica i profili degli individui per curvarli verso un aspetto desiderato.La riduzione dell’educazione a un prontuario che, ammesso che sia aggiornato al momento, durerà poco e avrà un valore del tutto contingente”.
Per tutti questi motivi, in tutta Italia tanti collegi dei docenti si sono pronunciati contro, tanti alunni delle scuole secondarie superiori si sono rifiutati di rispondere (e qualche Preside particolarmente zelante risponde elargendo sospensioni), tanti genitori non hanno mandato a scuola i loro figli nei giorni delle prove.
In particolare i docenti si sono rifiutati di essere meri terminali di un lavoro deciso altrove, ribadendo che una corretta progettazione didattico-educativa è compito precipuo degli organi collegiali. Non solo perché così prevede la normativa (tutte le attività aggiuntive devono essere approvate dal collegio dei docenti, nessun lavoro straordinario può essere imposto), ma soprattutto perché, accettando acriticamente tutto ciò, si corre il pericolo di cambiare lo statuto stesso delle discipline.
Se si pensa, per esempio, all’analisi testuale è evidente il rischio di produrre un graduale spostamento dal gusto per la lettura, dall’approfondimento e dalla riflessione critica, a un’arida serie di domandine tecniche.
Anche a Catania, seppure in misura meno significativa che in altre realtà nazionali, singoli insegnanti e alcuni collegi docenti delle scuole secondarie superiori (va, però, precisato che in molte realtà i Dirigenti scolastici non hanno convocato gli organi collegiali) hanno contestato i test.
In particolare, al Boggio Lera e al De Felice le prove sono state bocciate, al Vaccarini è stata espressa una forte preoccupazione. Alcuni docenti, inoltre, si stanno rifiutando di effettuare la correzione delle prove, sia perchè non condividono le modalità di preparazione e somministrazione dei test, sia perchè si tratterebbe comunque di un lavoro straordinario mai deliberato e non remunerato.
Al di là dei numeri di coloro che hanno espressamente manifestato il loro dissenso, è stato comunque ottenuto un importante risultato: si è evitato che passasse sotto silenzio l’ennesimo attacco al diritto allo studio.
Un’esagerazione? Temiamo di no, visto che più volte la Gelmini ha ripetuto che i test serviranno, anche, ad individuare docenti e
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Da quando per la prima volta furono somministrate le prove invalsi, protestai e cercai di mettere in guardia i colleghi del Boggio Lera,che la presero sotto gamba. Poi ci fu un corso sull'argomento che tutti i colleghi di lettere e di matematica( forse anche perchè allettati dal un lauto banchetto) frequentarono:era un corso ridicolo in cui era escluso il dibattito (sic). Anche allora protestai, (mi volevano espellere dal corso) e insieme a me s'indignò anche una collega che scrisse una lettera di critica all'iniziativa: rimase "lettera" morta. Oggi leggo che i colleghi del B. L. hanno rifiutato i test INVALSI e me ne compiaccio, ma una considerazione mi viene da fare: ci si pensa solo adesso? Meglio tardi che mai, dirà qualcuno;ma perchè, prima, tanta disattenzione rispetto ad una provocazione così pericolosa e perchè tanta pigra indolenza in una scuola che,non solo, a mio avviso, è ottimamente attrezzata per comprendere e gestire problematiche di questo genere ma, come ha poi dimostrato, ha risorse culturali e umane in grado di produrre argomentazioni acute e creare incisive iniziative di lotta.
Gli insegnanti del B.L. sono eccellenti ma pigri e hanno talvolta difficoltà nel lavoro di squadra (questo anche quando c'ero io).
ABSIT INIURIA......... Mi piacerebbe che questa risposta la leggessero i colleghi del B. L. a cui va la mia stima affettuosa. A loro, sicuro che ne capiranno il senso, questa massima antica....donec felix eris multos numerabis amicos tempora si nubila solus eris CICCI-CASSANDRA