Senegalesi a Catania, un'inchiesta di Lavori in corso

“Noi vogliamo solo lavorare per mantenere le nostre famiglie nella legalità. Tutti siamo provvisti di licenze, tutti siamo in regola, quello che ci manca sono gli spazi, senza nulla togliere ai commercianti locali, per lasciare finalmente la condizione di abusivi e costruire qualcosa anche per i nostri figli”. Con questo auspicio si concludeva nel dicembre del 2009 un comunicato stampa relativo ad un incontro tra la comunità senegalese e la Confcommercio provinciale di Catania.
A leggere il quinto dossier di “Lavori in corso” dal titolo “Senegalesi marca liotru” e a richiamare alcuni degli articoli (tanti Nourredine; più illegali degli immigrati, i senegalesi chiedono) sui venditori ambulanti a Catania, si constata che niente si è fatto per venire incontro ai bisogni legittimi dei cittadini stranieri a Catania. Anzi, continui blitz per “liberare” il salotto di Catania dalla presenza di merce contraffatta, ripetuti soprusi anche da parte di qualche rappresentante della forza pubblica e indifferenza politica verso quelle proposte che gli Stati generali hanno avanzato in quei tanto sbandierati tavoli di concertazione per migliorare la vivibilità della nostra città.
Nel dossier, oltre alle interessanti esperienze di vita raccolte, sono presenti, a pag. 6, una interessante scheda di confronto tra la legge Bossi-Fini e la Turco-Napolitano, dove sono evidenziati tutti gli elementi peggiorativi in termini di integrazione (rilevazione delle impronte digitali, obbligo di rimpatrio alla perdita del lavoro, condizioni più severe per ottenere la carta di soggiorno, espulsioni più facili, abolizione della prestazione di garanzia, riscatto solo a 65 anni dei contributi versati, ecc.) e, a pag. 9, un articolo sulla cosiddetta Sanatoria truffa, di cui abbiamo già parlato tante volte (leggi l’ultimo dove trovi i link degli altri: sanatoria; mai più; permessi; dignità).
Nella seconda parte prende la parola il magistrato Felice Lima, per anni alla prima sezione dell’ufficio immigrazione del Tribunale di Catania: “Sono sfruttati nei lavori più faticosi e rischiosi, vivono in case fatiscenti pagate molto più del dovuto, non godono di assistenza sanitaria ma hanno paura di presentarsi al pronto soccorso e subiscono qualunque tipo di violenza o torto… non hanno diritto a nulla, anche se non hanno mai commesso reati. Vivono così nella paura e diventano anzi carne da macello, merce da sfruttare per cavare lavoro in nero a basso prezzo”.
Segue la ricostruzione dei fatti, ad opera dei senegalesi e delle forze dell’ordine, circa la notizia pubblicata su la Sicilia “Due Vigili urbani circondati e malmenati da una ventina di extracomunitari”: nelle interviste i ragazzi senegalesi presenti negano di aver reagito alle forze dell’ordine e denunciano l’omissione dei verbali a seguito dei sequestri, avanzando ipotesi di appropriazione indebita della merce.
Chiudono il dossier due interviste: una ad Assam, un professore laureato in lettere e filosofia costretto a lasciare il Senegal perché guadagnava troppo poco, amareggiato per il modo come si è trattati nella nostra città; l’altra a Hibraima Ndiae che, nel raccontare alcuni momenti significativi della storia dell’integrazione degli immigrati a Catania, elogia l’impegno di semplici cittadini (Cettina Munzone) e uomini di chiesa (Padre Gliozzo della parrocchia del Crocifisso della buona morte di p. Falcone e la Chiesa Valdese di via Naumachia) che già trent’anni fa si preoccupavano di accogliere gli stranieri e offrire loro uno spazio: “padre Gliozzo fu l’unico sacerdote di Catania a offrire agli stranieri uno spazio all’interno della propria parrocchia. Fino ad oggi Cettina non ha mai abbandonato i senegalesi anzi ha offerto la propria disponibilità anche ai membri di altre comunità”. Altro che “Stati generali”!

Argo

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  • Già ci sono problemi e difficoltà economiche, disoccupazione a livelli spaventosi nelle nostre famiglie, di Catania e provincia, ci mancano solo questi negri che pretendono di comandare in casa nostra.
    Qui nella nostra terra, questi senegalesi sono di troppo, perchè sono un pugno di parassiti che non vengono qua per lavorare, il loro non è un "lavoro", è solo un modo per giustificare la loro rottura di coglioni.
    Se io fossi un emigrante me ne andrei dove so che c'è tanto di quel lavoro, che quelli della zona possono rimanere pure a casa. Qui non c'è questa situazione, per cui non dovrebbero nemmeno venire.
    Loro vengono qua per divertirsi, infatti il sabato sera pub e discoteche sono piene di loro. Poi c'è il rimorchio alle nostre donne, le quali non possono rifiutarsi altrimenti questi strumentalizzando sul loro colore della pelle, gli danno delle razziste.
    Non è giusto avere solidarietà nei confronti di questi elementi che su quello che vendono girando per le strade, non pagano neppure 1 centesimo di tassa, a differenza di noi cittadini locali che invece siamo tartassati. Al viale Mario Rapisardi e in corso Sicilia, si sono letteralmente impadroniti dei marciapiedi, e fanno concorrenza sleale nei confronti dei tartassatissimi commercianti dei negozi delle vie menzionate.
    Questi ora se ne vanno pure nei paesi della provincia, come Misterbianco e Paternò, e girano per le loro strade.
    E' una situazione assurda, non solo creano degrado ambientale, ma ci sono anche tanti idioti di qua che gli fanno la carità.

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