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C’erano una volta i Patti territoriali …

Ora non ci sono più. Ma in compenso sono stati inutilmente bruciati 5,5 miliardi di euro che avrebbero dovuto invece contribuire allo sviluppo di aree svantaggiate, soprattutto, ma non solo, del Mezzogiorno.
E’ la considerevole somma investita nel decennio 1996 – 2006 in circa 220 Patti Territoriali, concepiti come uno strumento di intervento pubblico per stimolare le economie depresse. Consistevano in un vero e proprio “contratto” firmato dai rappresentanti delle amministrazioni locali di un gruppo di comuni contigui, degli imprenditori e dei sindacati, contenente il dettaglio delle iniziative imprenditoriali e degli investimenti per cui si chiedeva il finanziamento pubblico, fino a un massimo di 50 milioni di euro.
Uno studio Politiche per lo sviluppo locale: una valutazione dei Patti territorriali di A. Accetturo e G. de Blasio, due ricercatori della Banca d’Italia, su un campione dei primi 51 Patti attivati nel biennio 1997-1999 in varie zone d’Italia, ha accertato che questi interventi, contrariamente alle intenzioni, non hanno creato alcuna crescita dell’attività economica e nessuna occupazione aggiuntiva, rispetto a zone con uguali caratteristiche socio-economiche, che non avevano beneficiato di questi interventi.
Gli Autori non possono fare a meno di definire sconfortanti e deprimenti i risultati dell’iniziativa, considerato che quasi la metà della popolazione italiana vive in un comune che ha partecipato al programma.
Pur non volendo dare una spiegazione approfondita delle cause del fallimento, essi non possono fare a meno di esprimere l’impressione che i vari soggetti che hanno sottoscritto i contratti lo abbiano fatto “per la sola intenzione di approfittare dei fondi pubblici“.
Probabilmente sono stati avviati progetti che non sono stati portati a termine o che riguardavano iniziative estemporanee, risibili e di nessuno spessore o, nel peggiore ma più probabile dei casi, che avevano solo una funzione clientelare ed elettoralistica.
Sarebbe allora vieto giustizialismo chiedersi perché nessuno dei soggetti, soprattutto pubblici, di questi onerosissimi fallimenti è stato mai chiamato ad assumersi le relative responsabilità e a rendere conto di questi sperperi di denaro pubblico?

Argo

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