Loro lo chiamano “giusto processo” e il presidente del Consiglio lo sponsorizza dalle sue reti televisive e dalle nostre. Il consiglio dei ministri lo ha approvato all’unanimità. E’ il testo di riforma della giustizia varato qualche giorno fa. Ai cittadini critici non piace e nemmeno ai magistrati. Ecco perché. Ce lo ha spiegato il Procuratore generale di Caltanissetta, Roberto Scarpinato in una intervista rilasciata a Corradino Mineo, andata in onda su Rainews24.
Quattro i punti esaminati da Scarpinato che definisce il provvedimento “una riforma dei giudici e non dell’amministrazione della giustizia”. Primo punto: il giusto processo deve garantire il contraddittorio, dice Berlusconi. Ma non c’è in Italia sproporzione tra accusa e difesa – risponde Scarpinato – il pm non accusa ma accerta i fatti e quando verifica l’innocenza dell’imputato deve chiederne l’assoluzione. Come spesso già avviene. Sta qui la differenza con il sistema anglosassone in cui il pubblico ministero ha il ruolo di accusatore.
Secondo punto. Se, come vuole il consiglio dei ministri, le sentenze di primo grado diventassero inappellabili in caso di proscioglimento si creerebbe una disparità di trattamento tra imputato e vittima. Se, infatti, l’imputato che viene condannato può ricorrere in appello altrettanto non può fare, in caso di assoluzione dello stesso imputato, la vittima del reato.
E ancora, terzo punto, la separazione delle carriere. “Non è vero – dice il procuratore generale di Caltanissetta – che i giudici siano accondiscendenti con i pubblici ministeri perché fanno parte della stessa carriera. Secondo questo assunto dovremmo separare le carriere dei giudici di corte d’appello da quelle dei giudici di primo grado e quelle dei magistrati di Cassazione da quelle dei colleghi di Corte d’appello”.
E infine, quarto punto, la responsabilità civile dei magistrati ” come avviene- dice Berlusconi- per altri funzionari dello Stato. Quando il magistrato sbaglia il cittadino può citarlo in giudizio”. “Anche adesso – ribatte Scarpinato – il cittadino può essere risarcito del danno, citando in giudizio lo Stato che a sua volta può rivalersi sul giudice che ha sbagliato. Con la riforma, invece, il cittadino può citare in giudizio direttamente il magistrato, ottenendo due obiettivi, uno immediato, l’eliminazione dei magistrati scomodi con l’espropriazione del processo (il magistrato, se citato in giudizio, è costretto ad abbandonare) e l’intimidazione a largo raggio (tutti i magistrati ci penseranno due volte prima di condannare pezzi grossi che hanno stuoli di avvocati lautamente pagati per difenderli ).
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