“Comunicare la notizia ma anche l’emozione”. Era questo lo stile de L’Ora, la cifra del successo del quotidiano palermitano del pomeriggio che, nato nel 900 con i Florio, poco prima delle stragi, a maggio del 92, chiuse i battenti. Adesso la gloriosa testata torna in edicola (probabilmente alla fine di gennaio), al prezzo di 7 euro, con cadenza, veste tipografica e staff nuovi. Per i primi mesi la diffusione sarà regionale ma l’obiettivo è quello di raggiungere tutte le edicole nazionali. Sarà un mensile, grande quanto un quaderno, 128 pagine, inchieste e servizi in bianco e nero, a colore pubblicità e copertina. A ridar vita alla testata alcuni ex giornalisti de L’ORA ma non solo. I “non solo” sono del calibro di Marco Travaglio, Enrico Bellavia, Attilio Bolzoni, Saverio Lodato. Tra gli ex Francesco La Licata e Giuseppe Lo Bianco. Tanto per citarne alcuni.
Mentre attendiamo con ansia di acquistare il nuovo mensile la memoria ci porta a L’ORA storica ed eroica, tra gli anni 50 e la metà dei 70, quella firmata da Vittorio Nisticò, direttore nei tempi dell’ascesa del giornale e in quelli della sua rovinosa caduta, capace di tenere testa al potere, alla mafia e anche al Pci che de L’ORA fu più o meno occulto proprietario.
Sono gli anni , per citare solo alcuni eventi, dell’operazione Milazzo, la rivolta autonomistica che nel ’58 riuscì ad estromettere la DC dal governo della Sicilia. Gli anni delle grandi inchieste, delle denunce, nomi e cognomi, di una Mafia nuova e feroce che non tardò a rispondere piazzando quattro chili di tritolo contro la sede del giornale. Gli anni della nascita della commissione parlamentare Antimafia, del terremoto del Belice, della sciagura aerea di punta Raisi, della scomparsa di uno dei migliori cronisti investigativi de L’ORA, Mauro De Mauro. Alto il contributo di sangue. Oltre a De Mauro, il cui corpo non è stato mai ritrovato, morirono il quasi sconosciuto corrispondente di Termini Imerese Cosimo Cristina, ucciso dalla mafia e Giovanni Spampinato, corrispondente da Ragusa, assassinato dai fascisti.
Il giornale fu straordinario laboratorio di giornalismo, baluardo etico e cenacolo di cultura. Raccolse le migliori firme dell’arte, della letteratura. Collaboratori fissi erano Leonardo Sciascia, Danilo Dolci, Vincenzo Consolo, Gioacchino Lanza, Bruno Caruso.
Ecco le impressioni di Marcello Cimino, giornalista, scrittore e storico redattore de “L’ORA”. “Nell’atmosfera di quel giornale c’era qualcosa che mi ricordava le emozioni della resistenza, della lotta per le terre…E tutto era impostato però con grande senso della modernità, senza mai accettare ordini da nessuno , sempre in nome della scoperta, dell’indagine, dell’informazione”.
Giuliana Saladino, altra fine scrittrice, inviata de L’ORA, descrive Nisticò e il suo giornale.”La sua tensione, le sue furie , il suo carisma buttavano in prima linea un giornale povero e combattivo che allevava giornalisti come polli in batteria, dandogli stile e nerbo, massacrandoli di lavoro e esigendo tutto senza nulla concedere”.
E così lo stesso direttore, Vittorio Nisticò, in un’intervista degli anni 70 a Marco Nozza de Il Giorno: “Il nostro lavoro non è facile. Combattiamo da anni come meglio possiamo, la mafia, il neofascismo e il malgoverno, ed essi hanno ricambiato e ricambiano secondo il proprio costume. I primi due con gli attentati e le minacce. Gli avversari politici con l’intimidazione dei processi giudiziari e qualche tentativo di boicottaggio sulla pubblicità. In effetti credo che “L’Ora” sia qualcosa di più di un normale giornale di opposizione. La sua peculiarità è di operare in una zona del Paese dove la vita della democrazia è più difficile che altrove anche per le carenze degli organi che avrebbero il dovere di tutelarla. Tutto ciò, naturalmente, non può che rendere duro, e talvolta drammatico, il nostro lavoro. Ma, in definitiva, contiene anche un aspetto in un certo senso “privilegiato”, comunque appassionante: allena a un giornalismo che ha il gusto della verità e
Leggi la storia e le vicende del giornale L’Ora, raccontate da Vittorio Nisticò
Un’altra prima pagina: Lo sciopero generale del 7 luglio 1960 a Licata
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