Giuseppe Fava, un racconto fatto a Catania

Il primo evento organizzato presso La Feltrinelli di Catania è stato intensamente locale, catanese macca liotru: giovedì 7 gennaio si è tenuta la presentazione del bel libro di Massimo Gamba “Il Siciliano, Giuseppe Fava antieroe contro la mafia”, edito da Sperling e Kupfer. Oltre all’autore erano presenti, a commentare il volume e a rendere partecipe dei propri ricordi il numeroso pubblico, Elena Fava, Adriana Laudani, Nino Milazzo e Riccardo Orioles.

A Massimo Gamba, giornalista romano, sono serviti due anni di lavoro per raccogliere testimonianze e immagini, per leggere l’intera opera letteraria di Fava e dar vita a quella che, secondo il giudizio di chi a Fava era vicino, la figlia Elena in primis, è una monografia completa sulla vicenda dell’intellettuale catanese. Il libro parla sì del giornalista Fava e delle circostanze che hanno portato al suo assassinio, ma non ignora che egli fu anche scrittore e drammaturgo, un intellettuale in senso ampio. Il tutto senza indulgere all’apologetica e senza scadere nell’aneddoto fine a se stesso.


Merito di Gamba è quello di aver ricostruito intorno alla figura di Pippo Fava lo scenario della Catania di fine anni Settanta e dei primi anni Ottanta, descrivendo con attenzione e profonda chiarezza il sistema di governo della città che è perdurato fino agli anni Novanta almeno, e facendolo senza timore di pronunciare nomi e cognomi, spesso perfettamente noti anche ai più giovani.

Mettendo in fila i fatti, e connettendoli, Gamba ha tessuto un quadro della Catania di qualche anno fa, lo stesso che emerge dalle carte del processo agli assassini di Pippo Fava, come ha fatto notare nel suo intervento l’avvocato Adriana Laudani, che in quel processo fu legale di parte civile. Un lavoro prezioso perché ricostruisce la complessità di un sistema a maglie perfette con intrecci tra mafia, imprenditoria, sistema politico, magistratura e informazione. E’ stato così restituito ai cittadini catanesi il diritto alla conoscenza di fatti spesso colpevolmente offuscati.

La memoria di Fava non è ancora diventata patrimonio comune e condiviso della città. Basti ricordare le proteste che nacquero quando, pochi anni fa, si decise di cambiare il nome della via dello Stadio per dedicarla a Giuseppe Fava. Questo volume, e questo incontro, nati dalla volontà di riportare all’attenzione di tutti la vita, la produzione e la morte di un intellettuale scomodo, sono stati (e sono) un’occasione affinchè quella parte di catanesi che ha cura della propria onestà di cittadino potesse (e possa) incontrarsi e riconoscersi. Per continuare a sperare e a costruire.

Argo

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