Non sono più cento, anche se la mostra ha ancora per titolo “Cento illustrazioni per i bambini di Gaza”. I disegni che mancano sono stati già venduti nella prima tappa di questa mostra itinerante, a Milano. Lo ha spiegato giovedì sera Farid Adly, intellettuale e giornalista libico che da decenni vive e lavora in Italia, in occasione dell’inaugurazione della mostra alla libreria Tertulia.
Nata per iniziativa del circolo Arci di Acquedolci, in provincia di Messina, questa mostra è stata pensata come uno strumento di “soccorso” nei confronti dell’associazione palestinese Najdeh. E Najdeh significa proprio soccorso.
Illustratori di varie città italiane sono stati invitati a produrre delle opere destinate alla vendita. Il ricavo non costituirà un atto di “beneficenza” ma un gesto di concreta solidarietà ad un popolo che ha bisogno di essere sostenuto nel mantenere la propria dignità.
In particolare, con i soldi già ricavati dalle vendite delle opere in questione, sono stati “adottati “ dodici bambini palestinesi ai quali sarà così garantita la possibilità di studiare. I loro genitori, infatti, costretti dal bisogno, li mandano spesso a lavorare sin da piccoli e questo condiziona inesorabilmente il loro futuro.
La pratica dell’adozione a distanza da parte dell’Arci di Acquedolci ha avuto inizio con i Campi di solidarietà organizzati all’interno del progetto Ore felici per i bambini di Gaza. Fondata in Libano dopo la tragica caduta di Tell el Zatar, Najdeh è un’organizzazione non governativa che si occupa delle frange marginali della popolazione (palestinesi e libanesi) che vivono nei campi profughi e nei quartieri più depressi. L’esperienza si è poi sviluppata nei campi profughi della Siria e Giordania e successivamente nei territori occupati di Gaza e della Cisgiordania.
Najdeh incoraggia e sostiene le donne in varie forme di auto-organizzazione per “soddisfare i bisogni primari della popolazione: asili nido, scuole materne, centri di formazione professionale, ambulatori, assistenza alle famiglie dei caduti, dispersi e prigionieri ed alle loro vedove e orfani, riabilitazione dei portatori di handicap, creazione di possibilità di lavoro, ecc.”
Le donne, infatti, si sono trovate, negli ultimi anni, a dover provvedere da sole al sostentamento familiare ed è molto importante per loro avere la possibilità di acquisire un’indipendenza economica. L’associazione ha garantito il lavoro a molte di esse, nonostante il fatto che diverse tipologie di lavori siano interdetti ai palestinesi. I prodotti realizzati, come i ricami, i vestiti, hanno avuto come destinazione la vendita all’estero.
Dopo la seconda Intifada, a causa degli effetti disastrosi dell’assedio israeliano, l’ attività si è estesa anche alle adozioni a distanza di bambini e bambine palestinesi di famiglie povere.
Ma le associazioni femminili in Palestina non sono un fenomeno recente. Lo ha evidenziato, nella sua relazione la dottoressa Daniela Melfa, che ha ricordando l’esistenza e il ruolo attivo di gruppi di donne palestinesi già all’inizio del ‘900 e poi durante le varie fasi delle guerre arabo-israeliane e dell’Intifada. Impegnate a cambiare il diritto di famiglia o a conquistare adeguati spazi politici, queste donne cercano di uscire dal ruolo di subalternità agli uomini senza rinunciare a battersi per la difesa della loro terra.
Laura Sciacca, altra relatrice, ha portato invece la testimonianza della propria presenza in Palestina durante il “pellegrinaggio di giustizia” organizzato da Pax Christi. Un modo per essere presenti nei luoghi santi condividendo le sofferenze e le speranze delle comunità cristiane e di tutto il popolo palestinese stretto nella morsa dell’occupazione israeliana.
Come segno di speranza Laura ha citato, tra l’altro, la scuola costruita con copertoni di gomma per iniziativa dell’associazione onlus Vento di terra, un segno di ecompatibilità e di resistenza non violenta. Ha ricordato anche la campagna “Ponti non muri” attivata un paio di anni fa da Pax Christi, che cerca di dare voce alla esperienza del popolo palestinese anche attraverso il sito Bocche scucite.
In chiusura l’intervento di Ernesto portavoce del Comitato catanese di solidarietà per la Palestina.
Dopo la tappa di Catania, la mostra sarà presente in altre città italiane, per ritornare a Milano dove si svolgerà un convegno a cui parteciperanno alcune donne palestinesi, alle quali saranno donati i tre quadri che non si prevede di vendere, cioè quelli dei vignettisti Staino e Vauro e quello di Dario Fo che ha voluto così fornire un contributo all’iniziativa.
La battaglia contro la privatizzazione del porticciolo di Ognina sembrava vinta. A maggio dello scorso…
In Sicilia si chiamano Assistenti all’Autonomia e alla Comunicazione (ASACOM), in Italia hanno altre denominazioni,…
Felice Rappazzo, docente dell'Università di Catania, ci propone la sintesi di un dibattito avvenuto presso…
Un ‘bellissimo novembre” per il Ponte sullo Stretto, sul quale – in questi ultimi giorni…
Offrire agli studenti l’opportunità di ragionare su fenomeni di rilevanza economica che non siano riducibili…
Tornano su Argo i catanesinpalestina per parlarci della edizione 2024 del Nazra Palestine Short Film…