No, non parliamo di desaparecidos in America Latina, ma della condizioni di centinaia di migliaia di lavoratori della scuola (quelli a “tempo indeterminato”) che saranno costretti, dalla finanziaria proposta dal governo Berlusconi, a lavorare per tre anni, “in nero”. Tre anni durante i quali saranno bloccati progressione di carriera e aumenti stipendiali, con evidenti, e nefaste, conseguenze su pensioni e trattamento di fine rapporto. Un furto quantificabile in somme che oscillano (secondo gli anni di anzianità) da 20 a oltre 40 mila euro.
Ma vite rubate sono, anche, quelle di migliaia di lavoratori precari che hanno, contribuito, in modo determinante, a “tenere in piedi” la scuola pubblica, ogni anno assunti e licenziati (in molti casi senza percepire stipendi durante la pausa estiva), e che, per colpa della riduzione degli orari curricolari, dei tagli Gelmini – Tremonti e del sovraffollamento delle classi, nel prossimo anno scolastico non lavoreranno.
In questo quadro, non stupisce la grande adesione allo sciopero degli scrutini, indetto dai COBAS e dagli altri sindacati di base. E non stupisce che anche a Catania, alla fine del mese di giugno, i lavoratori della scuola continuino a riunirsi in affollate assemblee, come è avvenuto giorno 21 nell’aula magna del Boggio Lera.
Il Coordinamento in difesa della scuola pubblica statale e il Coordinamento Precari non solo non vanno in vacanza, ma progettano che fare, convinti che si può salvare la scuola solo se la si modifica profondamente.
Innanzitutto, è stata sottolineata la necessità di ripristinare pienamente i diritti sindacali, a partire dal diritto di sciopero, ridotto a poche, e di fatto simboliche, giornate dal contratto vigente. Visto l’unilaterale congelamento economico, è l’intero accordo che perde di significato. Bisogna, perciò, ragionare, senza vincoli precostituiti, su un nuovo contratto.
Così come non è più possibile tollerare l’esistenza di strutture scolastiche inadeguate e pericolose, dove ogni giorno si violano le più elementari regole di sicurezza, nel silenzio colpevole di chi dovrebbe controllare. Un tema, quest’ultimo, che riguarda tutti e che può rappresentare un terreno favorevole per unire coloro che sono interessati al buon funzionamento della scuola. In locali “improbabili” e sovraffollati, nonostante la buona volontà, non si può studiare e non si possono seguire in modo individualizzato gli alunni.
Nella scuola, inoltre, si possono evitare tanti sprechi. Molti finanziamenti, nazionali ed europei, non sono stati utili per migliorare l’attività didattica, ma sono serviti solo a distribuire “salario accessorio” a tanti Dirigenti Scolastici e a ben determinati gruppi di insegnanti (spesso, come dimostrato in un’importante puntata di “Report”, con proposte francamente ridicole).
E’ tempo di dire basta ai “progettifici” e di usare competenze, energie e risorse per migliorare la qualità dell’insegnamento. Anche rispetto alla normale attività quotidiana non è più possibile supplire con la buona volontà ai disastri determinati dal taglio delle risorse. La scuola non può funzionare perché chi vi lavora, con senso di responsabilità, si impegna comunque.
E mentre rispetto all’ambito educativo – didattico non può e non deve essere fatto nessun passo indietro, si possono rifiutare tutte le attività che vanno al di là di quest’ambito, per esempio non accettando funzioni e ruoli strumentali, rimettendo in discussione viaggi di istruzione sempre meno motivati dal punto di vista culturale… Come si vede, sono decisamente tanti i temi in discussione, per questo, al termine dell’assemblea, si è deciso di rivedersi Martedì 6 luglio alle 17,00 al Boggio Lera.
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