Cominciamo con una buona notizia: Catania continuerà ad avere i suoi corsi di laurea in lingue. Il 14 giugno scorso il Senato accademico dell’Università di Catania ha approvato un accordo di transizione con il consorzio universitario ibleo, accogliendo, anche se solo in parte, le richieste di Ragusa. I termini dell’accordo ruotano intorno alla nascita del quarto polo universitario siciliano, e da essa dipendono.
Si è stabilito che per il prossimo anno accademico sarà attivato a Ragusa il primo anno dei corsi di laurea in agraria, giurisprudenza, e lingue e letterature straniere. Nel caso in cui l’università di Ragusa si dovesse rendere autonoma entro l’anno successivo, in tempo per l’inizio l’anno accademico 2011-2012, i corsi attivati rimarranno a Ragusa; in caso contrario gli studenti dovranno trasferirsi a Catania o in qualsiasi altro ateneo. L’accordo tra le due parti, però, prevede la possibilità di concedere una proroga fino al 2013-2014. Questo non vale per la facoltà di Lingue, che rimarrà a Ragusa anche nel caso in cui il quarto polo non dovesse essere realizzato. Ma la paventata chiusura dei corsi di laurea in lingue a Catania non ci sarà.
Il Senato Accademico ha infatti rifiutato di concedere a Ragusa l’esclusiva sui corsi di lingue, e ha approvato la fusione tra la facoltà di lingue e letterature straniere e quella di lettere e filosofia. Incerto, e non sono questioni di puro fiato, il nome della nuova facoltà, che solo in caso di istituzione del quarto polo potrà essere denominata facoltà di Lettere, filosofia e lingue. In caso contrario rimarrà facoltà di Lettere e filosofia.
Ma quali sono le conseguenze finanziarie dell’accordo? Anzitutto il rientro dei debiti che Ragusa ha con Catania e poi le somme che il consorzio ibleo verserà a Catania per il mantenimento dei corsi decentrati. Per l’anno accademico 2010-2011 il consorzio si è impegnato a versare a Catania circa 3.550.000 euro. Rimandiamo chi volesse conoscere meglio le cifre dell’accordo all’articolo di Step1 “Aspettando il quarto polo”.
E i docenti? Nessuno potrà obbligare i docenti di Catania a trasferirsi a Ragusa, ma potranno chiedere di entrare a far parte della facoltà che nascerà dall’accorpamento di lettere e lingue. È legittimo chiedersi come farà il consorzio ibleo, se, com’è probabile, la gran parte dei docenti di Catania opterà per rimanere a Catania. Ebbene: la facoltà di Lingue e letterature straniere, con sede unica a Ragusa, qualora non si costituisse un organico sufficiente, continuerà a dipendere da Catania per l’organizzazione dei corsi.
E gli studenti di Catania? Possono tirare un sospiro di sollievo: pare non corrano alcun pericolo. Chi ha cominciato un percorso potrà concluderlo senza dover cambiare città o mutare aspettative, anche se all’interno di una facoltà diversa. Lo stesso vale per le matricole, che potranno scegliere se iscriversi a Catania o a Ragusa. Resta da vedere quale sarà il regolamento della nuova facoltà: lettere e lingue hanno regolamenti diversi. Ad esempio, il punteggio massimo assegnato alle tesi di laurea è differente. Ne sapremo di più fra qualche tempo, sperando che il cambiamento non crei troppi disagi.
L’impressione che abbiamo è quella che sia in corso una guerra, con tutto il corteo di accordi tattici, spie e mercanti d’armi che una guerra porta con sé in maniera inevitabile. Da un lato tutto questo appare coerente con la politica del rettore Recca, che sempre si è impegnato per porre un freno al decentramento; anche se smantellare una intera facoltà è un metodo opinabile. Ma dall’altro non sappiamo a quale situazione arriveremo, sia nel caso in cui il quarto polo venisse costituito, sia in quello in cui non lo fosse, e la proroga dei corsi decentrati messa in atto. Di questo accordo temiamo che più che alla fine delle ostilità porti a una pace armata. Ci chiediamo poi se in un momento di contrazione delle spese a livello nazionale sia opportuno dividere le risorse economiche a disposizione del sistema delle università attivando un’altra università statale, o se piuttosto non sia sintomo di una certa miopia e di un localismo esasperante e quasi feudale. Speriamo con forza che la risposta non sia quella che è facile immaginare.
La prima puntata: Il valzer della Facoltà di lingue
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