Di questa legge si parla da tempo. Se ne riparla soprattutto quando vengono fuori affari loschi e corruzione diffusa nei rapporti tra politici e imprenditori, tra politici e funzionari dello stato. Comunque i politici ci sono sempre in questi affari e sono proprio loro a volere queste legge.
Cercano di convincerci che sia utile a tutti, che sia urgente, che protegga la nostra privacy. Ci fanno il lavaggio del cervello. Ma a noi cittadini comuni, e possibilmente onesti, le intercettazioni non ci interessano direttamente. A noi interessa il lavoro, che oggi è a rischio, un giusto salario per mantenere la famiglia, una scuola che funzioni e che prepari i nostri figli, ospedali efficienti e gratuiti dato che li abbiamo già pagati con le nostre tasse.
La paura delle intercettazioni ce l’ha chi ha qualcosa da nascondere, chi ha approfittato della disgrazia dei terremotati e si è fregato le mani ridendo, perchè poteva fare soldi sul lutto dei poveretti. Senza intercettazioni non l’avremmo mai saputo.
Proviamo a riassumiamo gli aspetti più inquietanti della legge attualmente in discussione alla Commissione Giustizia
Non parliamo poi dei reati di mafia. “ Se il ddl Alfano sulle intercettazioni fosse stato approvato in passato, oggi Riina e Provenzano sarebbero liberi”, ha detto Ingroia.E che Alfano non ci venga a dire che i reati di mafia non sono compresi in queste limitazioni. Abbiamo già visto che ai reati di mafia o di associazione a delinquere spesso si arriva seguendo altre piste. Se verrà approvata questa legge molti reati non saranno nemmeno individuati. A rischio l’individuazione anche dei reati di terrorismo e chiaramente di quelli dei “colletti bianchi”.
Attenzione, però, i tempi della giustizia non per questo saranno velocizzati. Anzi saranno rallentati. L’autorizzazione per le intercettazioni non sarà data, come adesso dal GIP (giudice per le indagini preliminari), ma da un collegio di tre giudici del tribunale, e non della sede interessata, ma del capoluogo distrettuale, con un aumento di tempi, spese e inutili complicazioni. (Liana Milella su Repubblica)
Ma, come afferma Stefano Fantino su LiberaInformazione del 23 aprile, sotto questa dicitura apparentemente più logica si nasconde un trabocchetto. Nel nuovo testo si specifica, infatti, che nella valutazione di questi “gravi indizi di reato” “si applicano le disposizioni di cui agli articoli 192 e 195” del codice di procedura penale. Ad illuminare gli incolti della materia, ha provveduto il dott. Ingroia che ha spiegato che riferirsi all’art.192 “equivale a dire che non saranno sufficienti indizi di reato ma ci vorranno ancora quelli di colpevolezza”. La nuova dicitura risulterebbe quindi un artificio ingannevole. Intestazione delle utenze, necessità che esistano elementi per ritenere le conversazioni attinenti ai fatti, inutilizzabilità delle registrazioni qualora emerga un reato differente da quello per cui è stata autorizzata, e così via. E per i parlamentari autorizzazione della giunta di Senato e Camera.
Insomma un percorso ad ostacoli, per scoraggiare e limitare, non per garantire. Ultima chicca la norma cosiddetta anti D’Addario, che considera fraudolente le registrazioni compiute senza il consenso dell’interessato. Le conseguenze sarebbero paradossali. Ad esempio un commerciante che volesse registrare i suoi estortori per “incastrarli”, commetterebbe un reato. Quale privacy stiamo proteggendo?
Dei contenuti delle intercettazioni non si potrà nemmeno pubblicare un riassunto. Questo è un inasprimento aggiunto di recente. Introdotto da un emendamento presentato dal vicepresidente della Commissione, Roberto Centaro, e approvato nonostante le proteste dell’opposizione. E’ stata infatti eliminata la dicitura “di tali atti è sempre consentita la pubblicazione per riassunto”, voluta dal Quirinale e dal presidente della commissione Giustizia della Camera, la finiana Giulia Bongiorno, e presente nel precedente decreto, approvato alla Camera l’11 giugno 2009. Anche le multe si sono fatte più alte. E sono stati previsti due mesi di arresto.Chi sarà tutelato da questo silenzio stampa? Non certo il cittadino comune, ma solo chi non vuole che vengano alla luce illeciti, corruzione, truffe.
Forse sbagliamo a chiamarla legge sulle intercettazioni. E’ una legge sull’informazione. Interrompe, come dice Stefano Rodotà, il circuito informativo fin dall’origine. Riduce infatti le informazioni che la magistratura può raccogliere (limitando tempi e requisiti) e impedisce che le notizie possano giungere ai cittadini “prima d’essere state sterilizzate dal passare del tempo”. Anche gli eccessivi risarcimenti del danno a carico di giornalisti ed editori possono costituire, come afferma una sentenza del 2009, una forma di intimidazione che viola la libertà di informazione.
“Se quel testo diverrà legge della Repubblica, in un colpo solo verranno pregiudicati la libertà di manifestazione del pensiero, il diritto di sapere dei cittadini, il controllo diffuso dell’esercizio dei poteri, le possibilità d’indagine della magistratura”. E’ ancora Rodotà che parla. Ma vogliamo concludere con le parole di Pancho Pardi, secondo il quale con questo decreto “il silenzio e l’oscurità copriranno le malefatte di chi governa” (Pancho Pardi).
Per non essere complici, firmiamo e facciamo sentire la nostra voce.
Per firmare vai al sito http://www.nobavaglio.it/
Leggi il testo integrale dell’articolo di Stefano Rodotà pubblicato su Repubblica dell’ 8 maggio 2010
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