Legge antintercettazioni, una firma per dire "NO"

Passiamo dalle parole ai fatti. Anche se il fatto è solo una firma. Una firma da apporre sul sito www.nobavaglio.it.  Raccogliamo molte firme, moltissime, per dimostrare che non ci stiamo. Non vogliamo la censura preventiva, non vogliamo essere tenuti all’oscuro, vogliamo esprimerci liberamente. Insomma non vogliamo la legge che vieta le intercettazioni.
Di questa legge si parla da tempo. Se ne riparla soprattutto quando vengono fuori affari loschi e corruzione diffusa nei rapporti tra politici e imprenditori, tra politici e funzionari dello stato. Comunque i politici ci sono sempre in questi affari e sono proprio loro a volere queste legge.
Cercano di convincerci che sia utile a tutti, che sia urgente, che protegga la nostra privacy. Ci fanno il lavaggio del cervello. Ma a noi cittadini comuni, e possibilmente onesti, le intercettazioni non ci interessano direttamente. A noi interessa il lavoro, che oggi è a  rischio, un giusto salario per mantenere la famiglia, una scuola che funzioni e che prepari i nostri figli, ospedali efficienti e gratuiti dato che li abbiamo già pagati con le nostre tasse.
La paura delle intercettazioni ce l’ha chi ha qualcosa da nascondere, chi ha approfittato della disgrazia dei terremotati e si è fregato le mani ridendo, perchè poteva fare soldi sul lutto dei poveretti. Senza intercettazioni non l’avremmo mai saputo.
Proviamo a riassumiamo gli aspetti più inquietanti della legge attualmente in discussione alla Commissione Giustizia

  • I tempi di intercettazione abbreviati. Si avranno 15 giorni di tempo per intercettare, prorogabili di altri 15 nei casi in cui sia indispensabile. E ancora di altri 15 nel caso che emergano nuovi elementi. Con vari accorgimenti, “richieste motivate” etc, si può arrivare ad un massimo di 75 giorni in tutto. Se non si sono raggiunti risultati, l’intercettazione è sospesa, definitivamente. Ma due mesi e mezzo sono pochi, troppo pochi. Per la vicenda della clinica Santa Rita, quando furono scoperti gli interventi chirurgici immotivati, eseguiti solo per guadagnare sui pazienti, le intercettazioni durarono quasi un anno.

Non parliamo poi dei reati di mafia. “ Se il ddl Alfano sulle intercettazioni fosse stato approvato in passato, oggi Riina e Provenzano sarebbero liberi”, ha detto Ingroia.E che Alfano non ci venga a dire che i reati di mafia non sono compresi in queste limitazioni. Abbiamo già visto che ai reati di mafia o di associazione a delinquere spesso si arriva seguendo altre piste. Se verrà approvata questa legge molti reati non saranno nemmeno individuati. A rischio l’individuazione anche dei reati di terrorismo e chiaramente di quelli dei “colletti bianchi”.
Attenzione, però, i tempi della giustizia non per questo saranno velocizzati. Anzi saranno rallentati. L’autorizzazione per le intercettazioni non sarà data, come adesso dal GIP (giudice per le indagini preliminari), ma da un collegio di tre giudici del tribunale, e non della sede interessata, ma del capoluogo distrettuale, con un aumento di tempi, spese e inutili complicazioni. (Liana Milella su Repubblica)

  • Riduzione dei casi in cui sarà possibile intercettare. Nel testo già approvato alla Camera, di cui si stanno discutendo gli emendamenti, era stato introdotto come requisito il fatto che ci dovessero essere “evidenti indizi di colpevolezza” a carico del potenziale intercettato. Era naturale che ci fosse una levata di scudi da parte dei magistrati, perchè questa formulazione significava che le intercettazioni sarebbero state possibili solo nei casi di colpevolezza già individuata, mentre anche il semplice buon senso permette di capire che è necessario fare le intercettazioni proprio nei casi in cui questi “evidenti indizi” non ci siano. Adesso pare che la vecchia formula sia stata accantonata e sostituita da “gravi indizi di reato”, che sembrerebbe più ragionevole.

Ma, come afferma Stefano Fantino su LiberaInformazione del 23 aprile, sotto questa dicitura apparentemente più logica si nasconde un trabocchetto. Nel nuovo testo si specifica, infatti, che nella valutazione di questi “gravi indizi di reato” “si applicano le disposizioni di cui agli articoli 192 e 195” del codice di procedura penale. Ad illuminare gli incolti della materia, ha provveduto il dott. Ingroia che ha spiegato che riferirsi all’art.192 “equivale a dire che non saranno sufficienti indizi di reato ma ci vorranno ancora quelli di colpevolezza”. La nuova dicitura risulterebbe quindi un artificio ingannevole. Intestazione delle utenze, necessità che esistano elementi per ritenere le conversazioni attinenti ai fatti, inutilizzabilità delle registrazioni qualora emerga un reato differente da quello per cui è stata autorizzata, e così via. E per i parlamentari autorizzazione della giunta di Senato e Camera.
Insomma un percorso ad ostacoli, per scoraggiare e limitare, non per garantire. Ultima chicca la norma cosiddetta anti D’Addario, che considera fraudolente le registrazioni compiute senza il consenso dell’interessato. Le conseguenze sarebbero paradossali. Ad esempio un commerciante che volesse registrare i suoi estortori per “incastrarli”, commetterebbe un reato. Quale privacy stiamo proteggendo?

  • La limitazione della libertà di informazione. Con questa legge ai giornalisti sarà impedito di pubblicare le intercettazioni, anche nel caso in cui le trascrizioni compaiano in documenti ormai pubblici (es. un’ordinanza di custodia cautelare già notificata). Niente dovrà trasparire. Pena multe salate per i giornalisti e salatissime per gli editori.

Dei contenuti delle intercettazioni non si potrà nemmeno pubblicare un riassunto. Questo è un inasprimento aggiunto di recente. Introdotto da un emendamento presentato dal vicepresidente della Commissione, Roberto Centaro, e approvato nonostante le proteste dell’opposizione. E’ stata infatti eliminata la dicitura “di tali atti è sempre consentita la pubblicazione per riassunto”, voluta dal Quirinale e dal presidente della commissione Giustizia della Camera, la finiana Giulia Bongiorno, e presente nel precedente decreto, approvato alla Camera l’11 giugno 2009. Anche le multe si sono fatte più alte. E sono stati previsti due mesi di arresto.Chi sarà tutelato da questo silenzio stampa? Non certo il cittadino comune, ma solo chi non vuole che vengano alla luce illeciti, corruzione, truffe.

  • Controllo e censura su internet. A questo provvederà il comma 28, che intende assoggettare i siti informatici, quindi anche i nostri blog, alle stesse norme delle testate giornalistiche. E questo sebbene non abbiano le garanzie che la legge prevede per i giornali. Ne avranno solo gli obblighi. E anche qui multe salate per chi non ottempera. Così per timore di incorrere nell’errore staranno tutti zitti. O si occupano solo di calcio. Anzi nemmeno di quello, visto che anche in questo settore non siamo messi bene quanto a scandali e truffe….

Forse sbagliamo a chiamarla legge sulle intercettazioni. E’ una legge sull’informazione. Interrompe, come dice Stefano Rodotà, il circuito informativo fin dall’origine. Riduce infatti le informazioni che la magistratura può raccogliere (limitando tempi e requisiti) e impedisce che le notizie possano giungere ai cittadini “prima d’essere state sterilizzate dal passare del tempo”. Anche gli eccessivi risarcimenti del danno a carico di giornalisti ed editori possono costituire, come afferma una sentenza del 2009, una forma di intimidazione che viola la libertà di informazione.
“Se quel testo diverrà legge della Repubblica, in un colpo solo verranno pregiudicati la libertà di manifestazione del pensiero, il diritto di sapere dei cittadini, il controllo diffuso dell’esercizio dei poteri, le possibilità d’indagine della magistratura”. E’ ancora Rodotà che parla. Ma vogliamo concludere con le parole di Pancho Pardi, secondo il quale con questo decreto “il silenzio e l’oscurità copriranno le malefatte di chi governa” (Pancho Pardi).
Per non essere complici, firmiamo e facciamo sentire la nostra voce.
Per firmare vai al sito http://www.nobavaglio.it/
Leggi il testo integrale dell’articolo di Stefano Rodotà pubblicato su Repubblica dell’ 8 maggio 2010
Sulle intercettazioni leggi su Argo Piange il telefono

Argo

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