La nostra Costituzione, sintesi felice di culture diverse


Le costituzioni come figlie di grandi eventi storici, a volte di profonde cesure, come nel caso della rivoluzione americana e di quella francese. Le costituzioni come espressione di valori condivisi. Ovunque, anche in Italia. Ne ha parlato il giorno 22, nell’aula magna di Scienze Politiche, il giudice costituzionale Gaetano Silvestri, presentato dal prof. Mirone e preceduto da un’introduzione del preside Barone.
Nata dal “crogiolo felice” di diverse culture, quella liberista, quella cattolica e quella marxista, la Costituzione italiana non è per questo frutto di un compromesso. Ognuna delle componenti ha portato avanti delle istanze. I diritti individuali di matrice liberale, il solidarismo cattolico, le istanze ugualitarie marxiste si sono fusi in una unità organica in cui tutto si tiene. Senza che le accese discussioni impedissero il dialogo, come ci testimoniano gli Atti dell’Assemblea Costituente.
Ma la parte più interessante del discorso del prof. Silvestri è stata forse quella che maggiormente illumina, spesso per contrasto, il nostro presente. Non soltanto è stata da lui sottolineata l’alta statura culturale e morale dei padri costituenti. E’ stata anche evidenziata la preoccupazione che essi ebbero di salvaguardare i diritti delle minoranze.
La cautela dei costituenti nasceva forse da quello che il relatore ha chiamato il “velo dell’ignoranza”, cioè dal fatto che nessuno di essi poteva conoscere o prevedere il risultato delle successive prove elettorali. Ciascuno si preoccupava quindi di tutelare la propria parte in caso di sconfitta.
Garantire la minoranza, creare le condizioni perchè essa possa divenire maggioranza è comunque una caratteristica delle costituzioni moderne. Tanto è vero che il pensiero della “tirannia della maggioranza” fu una vera ossessione per i padri costituenti americani. Solo chi ritiene che conserverà sempre il potere, chi presume che non sarà mai sconfitto può togliere le garanzie agli avversari.
L’esperienza della storia ci insegna, inoltre, che chi ha il potere tende ad abusarne. Può fermarlo solo un altro potere. Ecco perchè la divisione di poteri, apparentemente scontata, si rivela in tutta la sua importanza. Anche chi rappresenta il popolo deve accettare dei limiti, come afferma il secondo comma dell’articolo 1, “la sovranità appartiene al popolo che la esercita nei limiti della Costituzione.”
Il consenso popolare non garantisce, d’altra parte, la correttezza delle leggi. La Corte suprema americana dichiarò incostituzionali molte leggi approvate nei singoli stati a grande maggioranza. Non erano rispettose dei diritti dei più deboli, dei quali la Corte si confermò garante. Come accadde nel caso dei conflitti razziali.
E le occasioni di conflitto non mancavano in una società come quella americana, segnata da ondate progressive di immigrazioni. Ma l’unità si faceva attorno ai principi contenuti nella Costituzione. Anche nelle società contemporanee, sempre meno omogenee sul piano etnico, culturale e religioso, l’integrazione può avvenire intorno a valori condivisi.
Ma proprio la condivisione di valori si è rivelata, durante il dibattito, la questione più problematica. Come è stato sottolineato dagli interventi, sembra mancare oggi proprio il sostrato su cui è nata la nostra Costituzione. Mancano alcuni valori, non solo nella pratica politica ma soprattutto nella coscienza comune.
Come avviene d’altra parte la formazione della opinione pubblica? Parecchi interventi hanno evidenziato non solo la crisi di molte agenzie formative come la scuola e la chiesa, ma anche il ruolo pervasivo della televisione. Non solo problemi di formazione quindi ma anche di informazione. Sempre più povera, sempre più omologata. Che sia divenuta lo strumento di una dittatura della maggioranza?

Argo

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