Con l’aiuto di mappe e fotografie, Franco Politano, del Centro Speleologico Etneo, ha condotto il pubblico, attento e più numeroso del previsto, attraverso un percorso suggestivo e preoccupante.
Sotto la città di Catania, che immaginiamo solidamente appoggiata su una robusta base di lava, si aprono cavità naturali e artificiali da brivido. All’interno del terreno, composto non solo di roccia ma anche di sabbia e argilla, vi sono numerose gallerie, lunghe kilometri, pozzi, vasti ipogei, vasche, corsi d’acqua.
Le cavità artificiali sono per lo più cave di ghiara, la rena rossa utilizzata nell’edilizia nella composizione di intonaci. Figlia dell’attività eruttiva dell’Etna, questa sabbia si trova sotto lo strato di basalto perché si è formata per la cottura del sottosuolo preesistente per azione delle colate. Le cave di ghiara venivano scavate nella periferia del centro abitato, dove c’era lo sviluppo edilizio. Negli stretti cunicoli lavoravano spesso ragazzi (Rosso Malpelo di Verga). Con l’estendersi dell’area edificata esse venivano abbandonate e se ne scavavano altre, sempre in prossimità di nuovi cantieri, presso la nuova periferia. Scoprirle permette quindi di seguire le tappe dello sviluppo urbanistico della nostra città.
L’ampiezza degli spazi, lunghi sedili di pietra, la presenza di latrine hanno permesso di riconoscere in alcune di queste cavità dei rifugi
Seguendo le loro indicazioni o per tentativi, gli speleologi del CSE hanno esplorato e censito circa 800 cavità nel sottosuolo, spesso strisciando in cunicoli o immersi nelle acque sotterranee. Hanno potuto constatare che le fondazioni di numerosi palazzi e tratti di strada insistono su “vuoti” che rendono precaria la loro stabilità. Hanno verificato che lo scavo delle gallerie segue lo strato più copioso. Spesso più cunicoli si dipartono da un vasto slargo sostenuto da pilastri di rena rossa. E’ frequente imbattersi in residui di costruzioni preesistenti la colata. Ce ne potrebbero essere altre non più visibili perchè,come abbiamo detto, via via che lo scavo procedeva, gli slarghi venivano colmati con materiali di risulta sostenuti da muri a secco.
Le prime cave sono sorte a ridosso della via Plebiscito, periferia della città vecchia. Ma nel tempo la città si è espansa e le cave si sono moltiplicate. Mentre erano coltivate, le gallerie venivano controllate dagli operai che ci lavoravano e di fatto ne monitoravano lo stato. Oggi, invece, le gallerie e le cavità ormai abbandonate vengono infiltrate dall’acqua e subiscono crolli: le volte di alcune di queste cavità, inizialmente ad alcuni metri sotto terra, si sono assottigliate in modo pericoloso: una piazza molto trafficata ed adibita a parcheggio poggia sulla volta di un’ampia cavità il cui spessore è ridotto al solo strato delle basole della pavimentazione.
La questione non è di poco interesse per una città soggetta a rischio sismico. Non a caso è stata sottolineata con forza la necessità di censire tutte le cave, topografarle, determinare lo spessore delle volte e realizzare una mappa del sottosuolo, un catasto che permetta la valutazione delle situazioni di rischio di individuare e programmare interventi di cosolidamento e mitigazione del rischio.
L’incontro è stato organizzato dal CISPA (il Centro di iniziative e studi per la prevenzione antisismica e dei rischi ambientali), di cui è possibile visitare il sito
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grazie
Mariano Campo