Tanti, da riempire l’aula magna di una scuola. L’11 marzo al Boggio Lera i docenti catanesi, provenienti da molti Istituti della provincia, hanno affermato in maniera chiara e inequivocabile la loro assoluta contrarietà alla mortificazione della scuola pubblica voluta dal governo Berlusconi e, in particolare, dal “duo” Gelmini-Tremonti. La partecipazione allo sciopero del 12 marzo rappresenta la prima tappa di una mobilitazione che si preannuncia ampia e articolata.
I partecipanti hanno innanzitutto sottolineato che quello all’istruzione è un diritto e non un servizio e che parlare di riforma in presenza di un progetto che prevede solo “tagli” è, in tutta evidenza, un palese mistificazione. Come potrà, infatti, migliorare l’offerta didattica se ci saranno meno ore a disposizione, aumenta il numero di alunni presenti nelle classi e le strutture scolastiche “fanno acqua” da tutte le parti? Come potrà esserci maggiore integrazione se diminuiscono le ore per il sostegno?
Ciò che però appare del tutto incomprensibile è la logica seguita dai presunti riformatori: se si fossero volute cambiare le cose, e ce ne sarebbero tante da modificare, prima si sarebbero dovuti indicare i nuovi programmi scolastici e poi si sarebbe potuto (dovuto) cambiare l’orario delle lezioni. Aver ridotto il tempo scuola, lasciando inalterati i programmi, dimostra che l’unico obiettivo è quello del risparmio.
Proposito, quest’ultimo, certamente condivisibile, ma siamo sicuri che sia la scuola il luogo in cui si spreca di più? e non piuttosto che il mancato investimento nell’istruzione determinerà un progressivo arretramento del Paese? I presenti hanno ribadito che c’è assoluto bisogno di una vera riforma, per migliorare la qualità dell’istruzione e si impegneranno perché questo tema divenga oggetto di riflessione fra tutti e non solo tra gli addetti ai lavori.
Non si tratta di difendere posti di lavoro, obiettivo comunque importante in questa congiuntura economica , ma di riflettere sul futuro. Tante le iniziative in cantiere per sviluppare una tale riflessione, per questo motivo si è formato un coordinamento provinciale, composto da delegati delle varie scuole e da esponenti del movimento dei precari.
Ma tante anche le iniziative di contrasto: dalle più immediate come quella di contestare la validità delle iscrizioni per il prossimo anno scolastico ai nuovi indirizzi previsti perché tuttora inesistenti, in quanto nulla è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, a quelle più estreme come lo sciopero in occasione degli scrutini di fine anno.
Tutti i presenti, infine, si sono dimostrati consapevoli del tentativo del governo di dividere gli insegnanti dalle famiglie, ma anche al loro interno, non a caso meno penalizzati dai tagli, rispetto all’ordinamento ordinario, sono i Licei Classici e Scientifici. Per questo hanno ribadito la loro assoluta contrarietà a quella che si preannuncia come una tragica “guerra fra poveri”, sia nella forma della lotta fra docenti delle diverse discipline che fra le stesse istituzioni scolastiche, come purtroppo accade in questi giorni attraverso discutibili forme di propaganda finalizzate a “conquistare” iscrizioni.
Per i partecipanti la scuola pubblica è una sola, al di là dei tanti indirizzi presenti, ed è proprio la scuola pubblica che va salvata.
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