Corruzione e peculato in Sicilia

Di fronte ai recenti casi di corruzione alcuni politici si sono affrettati a dire che si trattava di casi sporadici, individuali, insomma “marachelle”. Eppure nella relazione inaugurale dell’anno giudiziario della Corte dei Conti a Roma il PG Ristuccia ha affermato che “la corruzione è diventata un fenomeno di costume”, una “patologia grave” che nel 2009 ha fatto registrare un aumento di denunce alla Guardia di Finanza del 229% rispetto all’anno precedente, nonché un incremento del 153% per fatti di concussione.
Abbiamo letto sui giornali (vedi Repubblica) di classifiche regionali redatte sulla base del numero di citazioni in giudizio per danno erariale. Al 1° posto vi è la Toscana, erroneamente individuata – a nostro parere – come la meno virtuosa. La Sicilia è al 4° posto, dopo Lombardia e Puglia. Ma l’attività istruttoria è identica in intensità e forze in campo in tutte le Regioni?
Secondo il Servizio anticorruzione e trasparenza, invece la Sicilia sembra essere al 1° posto per reati contro la Pubblica amministrazione. Nella relazione al Parlamento sul 1° anno si indicano essere oltre 20 mila i reati negli ultimi 5 anni contro la Pubblica Amministrazione; 6 mila le truffe e 3 mila le indebite percezioni di fondi e finanziamenti. Due tipologie che sommate rappresentano oltre il 40% dei reati ‘commessi da privati che approfittano di una Pa senza antifurti né difese, come i ladri che scelgono gli obiettivi più facili’. Insomma, la Pubblica amministrazione come una sorta di “bancomat”, del quale, purtroppo, il primo cash dispenser d’Italia è la Sicilia.
Anche in Sicilia è stato lanciato identico allarme (vedi art. su Quotidianodisicilia) dal Presidente della sezione giurisdizionale della Corte dei Conti Pagliaro, il quale, riferendosi all’attività svolta nella nostra Regione, ha evidenziato come “tutte le sentenze di condanna (41) e di assoluzione (22) hanno riguardato le tipologie di danno collegate a reati come il peculato, la corruzione e la concussione. Si tratta di illeciti commessi nell’esecuzione di lavori pubblici, nel conferimento di incarichi di consulenza, nell’indebita percezione o nell’uso distorto di contributi comunitari. Diversi gli episodi di “malasanità“.
Ha sottolineato come la soppressione degli Enti di controllo (ex C.P.C.) nel settore degli Enti locali ha ingenerato la falsa convinzione in alcuni amministratori di uno status di irresponsabilità o di impunità.
Ha criticato l’ipotesi di escludere o limitare le intercettazioni telefoniche e ambientali per la difficoltà di accertare i reati di concussione e corruzione in mancanza di una esplicita denuncia o scoperta in flagranza.
Così come ha rilevato come le innovazioni legislative dell’ultimo anno “potrebbero complicare la già non lineare funzionalità dell’attività giudiziaria della Corte. In particolare destano preoccupazione le norme che limitano la perseguibilità del danno all’immagine ai soli casi in cui vi sia stata una sentenza penale di condanna per reati contro la Pubblica amministrazione. “Sembra esistere un orientamento da parte del legislatore mirato ad un ridimensionamento dei poteri d’indagine del pubblico ministero, già compromessi dalla riduzione da dieci a cinque anni dei termini prescrizionali, anche in presenza di una obiettiva difficoltà.
Ha infine auspicato una “necessaria e immediata modifica della legge regionale per eliminare le distorsioni“.
Leggi nel nostro archivio: relazione-inaugurazione-CdC-2010; gli articoli sul QdS Corruzione nella PA; su SiciliaInformazioni L’allarme della CdC; su MessinaNotizie la Sicilia regina indiscussa

Argo

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