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A chi il governo dell'Università?

Continua il dibattito sulla proposta di Riforma Universitaria avanzata dal ministro Gelmini. Il prof. Pucci, del Dipartimento di Fisica e Astronomia del nostro Ateneo, contribuisce con Alcune considerazioni sulla governance.
L’impressione che si evince dall’articolo di Luigi Berlinguer su Europa (08/12/2009) è che ci sia un unanime consenso sulla proposta di legge governativa di riforma dell’università.  Non solo i rettori e la Confindustria, ma anche l’opposizione sembra favorevole ad essa.  Tutto va bene, purché ci siano maggiori finanziamenti.
Di segno contrario è, ad onor del vero,  il documento dell’USPUR (Unione sindacale professori universitari di ruolo). Ben motivato e dettagliato, esprime tuttavia una posizione minoritaria.
Tutto ciò sembra chiudere l’analisi del problema, ma non sono convinto che il parere di Berlinguer sia del tutto analogo a quello della Gelmini e dei rettori.
Dopo aver lodato la riforma e sottolineato come essa sia una prosecuzione del processo di autonomia da lui avviato, con molta non chalance, Berlinguer sottolinea che, per quanto riguarda la governance, è importante separare i compiti del Senato accademico (SA) da quelli del Consiglio di amministrazione (CdA), purché non si impoverisca il peso del SA nelle decisioni scientifico-didattiche. Non mi risulta che i rettori abbiano espresso questa convinzione, che ovviamente stravolge la governance della Gelmini.
L’atteggiamento, credo, assunto da Berlinguer è quello di non cercare il muro contro muro, ma di suggerire importanti modifiche, che possano attenuare il disastro che introdurrà il testo di legge se esso venisse approvato nella sua forma attuale.
Analoga posizione assume Paolo Rossi, rappresentante dei fisici al Consiglio Universitario Nazionale. Egli manifesta adesione alla proposta di riforma ed afferma che, da ora in poi, la responsabilità del cattivo funzionamento delle università dovrà essere addebitata unicamente alla incapacità, o mancata volontà, di queste di elaborare dei buoni statuti.
Egli suggerisce, però, alcune modifiche “tecniche”:

  • Il Parlamento (Senato Accademico) non deve essere spogliato dei poteri di controllo sull’operato del Governo (Consiglio di Amministrazione), usualmente esercitati tramite il voto di fiducia, il voto sul bilancio, l’approvazione dei piani programmatici strategici proposti dall’esecutivo;
  • La presidenza del SA “deve” (non “può”) essere distinta da quella del CdA, ma il rettore (capo dell’esecutivo) “deve” (non “può”) presiedere il CdA;
  • È legittimo e utile avere “ministri tecnici” (i membri esterni del CdA), ma pare alquanto ingiustificato fissarne per legge il numero minimo.

Il contributo di Paolo Rossi è di alto profilo e si ispira ad un modello, largamente condivisibile, che regge molte democrazie occidentali, fatte di governo, ma anche di garanzie e controlli.
Le istituzioni, e l’università è una di esse, servono a mettere a freno l’aggressività, sia del singolo che governa, sia di gruppi di potere, in modo da dare fiducia, sicurezza e libertà ai membri della comunità cui si riferiscono.
Le modifiche da apportare al testo governativo sulla riforma della governance nascono, quindi, da più voci e sono motivate da profonde esigenze (vedi anche i miei interventi precedenti su Argo (L’Università aziendale della Gelmini) e sul Forum del Bollettino d’Ateneo che tendono a garantire democrazia e dignità alle università.
Renato Pucci (ordinario di Fisica della materia, Università di Catania)

Argo

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