TANTO PAGA SEMPRE PANTALONE
“Il Ponte non sarà pagato dallo Stato”, continuano a ripetere i politici. E’ una menzogna!
I finanziatori privati non rischieranno un euro. Il sistema proposto dal Governo prevede infatti che sarà la Società Stretto di Messina SPA ad avere l’incarico per la costruzione e gestione del progetto.
Ma l’azionista di maggioranza della “Stretto di Messina”, dal primo ottobre 2007, è l’Anas, con una quota pari all’81,8%.
Il resto delle quote è detenuto da Rfi (Rete Ferroviaria Italiana, gruppo Ferrovie dello Stato) che possiede il 13% e, fino al giorno 14 dicembre, dalle Regioni Calabria e Sicilia ciascuna con una partecipazione pari al 2,6%. Nella seduta del giorno 14, la Giunta della regione Calabria ha deciso di uscire dalla società “Stretto di Messina”. Resta il fatto che considerare un “privato” la suddetta società è una pura finzione contabile.
Il finanziamento dell’opera sarà garantito da Fintecna – di proprietà del Ministero del Tesoro – attraverso un aumento di capitale di 2,5 miliardi di Euro (5000 miliardi di vecchie lire!) della Società Ponte sullo Stretto per coprire il 41% della spesa complessiva.
Stretto di Messina Spa, Fintecna, Fs, Anas, Regioni Calabria e Sicilia sono tutti soggetti pubblici.
E’ pur vero che si dichiara che i restanti fondi verranno chiesti al mercato nella forma di prestito, sulla base di un piano finanziario presentato dalla Società. Oggi, tuttavia, nessuno è in grado di garantire la veridicità delle proiezioni relative ai flussi di traffico, vale a dire nessuno può prevedere con certezza quanti mezzi (auto, tir, treni, …) utilizzeranno il ponte e pagheranno il relativo pedaggio. Al contrario, come mostreremo più avanti, le previsoni a base del progetto sono errate, smentite dai fatti e totalmente immotivate. Lo Stato, tuttavia, si impegna a coprire la differenza tra gli introiti previsti dal piano finanziario e il reale ritorno di cassa dei pedaggi. Se gli incassi saranno (come è molto probabile) inferiori alle aspettative, i privati non perderanno un solo euro perchè lo Stato li rimborserà. Ma i soldi dello Stato sono i nostri soldi. Nel caso in questione saranno i soldi dei nostri figli, perchè la spesa dell’opera ricadrà sulle future generazioni.
Tremonti e i suoi collaboratori, coscienti che il piano finanziario non è credibile, hanno così trovato l’artificio contabile per tenere fuori tutta la spesa dal bilancio dello Stato, in modo da non aumentare il debito pubblico e da rinviare di alcuni decenni la restituzione degli oneri con gli interessi.
La gestione dell’opera e i rischi ad essa inerenti rimarranno tutt a carico dello Stato. Coloro che volessero investire il loro denaro in questo prestito sanno già che non corrono rischi, perchè saranno comunque rimborsati (con i nostri soldi). Nè si vedono all’orizzonte le merchant bank private, gli immigrati americani, la fila di imprenditori che non aspettavano altro. Erano tutte promesse false.
Come fa il il Governo a dire che “non ci saranno finanziamenti a fondo perduto“? L’investimento da parte di Fintecna non avrà mai un ritorno. Lo dicono gli Advisor: anche nella migliore proiezione almeno il 40% della spesa deve essere coperta dallo Stato come investimento senza ritorno. A fondo perduto sarà la copertura del buco a consuntivo.
D’altra parte, i dubbi sulla remunerabilità del ponte sono espressi già nella stessa stessa relazione che accompagna il progetto. In essa si legge infatti che la costruzione del Ponte potrà essere remunerativa per un privato che investe (visto che non potrà fare tutto lo Stato) solo se il PIL cresce del 3,5 % l’anno. Questa impotesi di base basterebbe da sola a smentire la convenienza economica dell’investimento Il Pil nella zona euro dal 2001 al 2005 è stato dello “zero virgola”, anche per nazioni meglio amministrate della nostra, come mostra la tabella allegata , mentre in questi ultimi anni ha toccato punte di-2,5 % e le previsioni di una risalita non sono affatto rosee.
I grandi collegamenti non sono remunerativi neanche negli altri paesi: il Golden Gate Bridge di S.Francisco costruito nel 1937 perde qualcosa come 30 milioni di dollari l’anno. Il collegamento fra Svezia e Danimarca, molto migliore del nostro è in perdita in modo analogo. Il tunnel sotto la Manica ha accumulato debiti per circa dieci miliardi di euro e non ha mai chiuso i propri conti in attivo.
In sintesi: la società Stretto di Messina intende portare avanti i lavori con i 2,5 miliardi di cui dispone e ricorrerà al mercato per il reperimento degli altri 3,5 miliardi occorrenti a completare l’opera quando ciò si renderà necessario. Tuttavia i dettagli sulle modalità di raccolta di questo ulteriore 60 per cento, non sono di dominio pubblico perché ritenuti “documentazione sensibile“.
Non è un silenzio che desta sospetti ?
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