Al teatrino Bellini va in scena ‘Il ballo senza maschera’

A. Fiumefreddo

Non più tardi dello scorso mese di luglio parlavamo di commedia dell’assurdo a proposito dei fatti del teatro Massimo Bellini, ma di fronte a quanto sta accadendo in questi giorni lo stesso Pirandello probabilmente avrebbe cambiato genere e si sarebbe messo a scrivere sceneggiature per cinepanettoni. Fellini, girando ‘Prova d’orchestra’, c’era andato più vicino, ma nel nostro caso veramente la realtà supera la fantasia. Riassumiamo brevemente le puntate precedenti:
–      Il sovrintendente A. Fiumefreddo, in quota MPA nonché avvocato di Lombardo, si mette subito in mostra per l’estemporaneità della sua gestione, non si sa quanto pertinente con le finalità istituzionali dell’ente: memorabile l’esibizione collettiva, in piazza Palestro, degli allievi di diverse scuole di ballo cittadine con indosso magliette con slogan antimafia. In effetti, dopo questa dimostrazione di forza, i mafiosi locali sono andati in massa a chiudersi nei conventi dell’isola a fare penitenza.
–      La sua nomina scatena l’ostilità del sindaco Stancanelli, presidente del Consiglio di amministrazione, portando per la prima volta allo scoperto una versione locale di parenti-serpenti all’interno della maggioranza di centrodestra, che poi sarebbe andata in scena, nella versione integrale, al teatrino di Sala d’Ercole.
–      Questo scontro fra gentiluomini sfocia, l’estate scorsa, nelle dimissioni di Fiumefreddo, repentinamente accettate dal Consiglio di amministrazione; questa premurosa attenzione colpisce la delicata sensibilità del sovrintendente che, pudicamente, le ritira.
–      La paralisi gestionale che ne deriva, l’eccesso di personalismo del sovrintendente e alcune sue decisioni che sembrano configurare un comportamento antisindacale, fanno scendere sul piede di guerra anche le organizzazioni che rappresentano i lavoratori dell’ente.
–      Alcuni membri del Cda cominciano a denunciare problemi di bilancio e di debiti, le cui cifre tuttavia non vengono chiaramente rese pubbliche.
–      Dopo l’estate le organizzazioni sindacali iniziano uno sciopero ad oltranza che culmina in un clamoroso concerto di protesta contro la gestione Fiumefreddo.
–      Finalmente Stancanelli, con l’appoggio della Giunta comunale, chiede le dimissioni di Fiumefreddo e invoca l’intervento della Regione.
–      Intanto si era dimesso l’intero Consiglio di amministrazione del teatro.
–      La replica di Fiumefreddo segue di poche ore il comunicato della Giunta e accusa Stancanelli di pensare solo alla propria personale posizione e di aizzare strumentalmente i sindacati.
–      Segue un documento della Giunta comunale di solidarietà a Stancanelli che denuncia “l’aggressione tipica di chi, non avendo argomenti convicenti per giustificare il proprio fallimento, cerca di scaricare su altri le proprie palesi deficienze gestionali che hanno portato alla paralisi del TMB compromettendo anche l’immagine della città di Catania” e “una gestione ormai ispirata solo da un deleterio risentimento che, di fatto, si frappone alla nuova rotta che questa Amministrazione Comunale ha imboccato per risalire la china causata dalla mancanza di regole che i cittadini giustamente attendono vengano urgentemente ripristinate”, come se a provocare questo disatro siano stati i marziani.
–      La Regione, cioè Lombardo e Leanza, pilatescamente nomina un commissario straordinario, nella persona dell’ex prefetto A.M. Cancellieri, senza tuttavia disporre il licenziamento del correligionario Fiumefreddo.
–      Forte di questa non-decisione, l’avvocato, a sua volta, rifiuta di dimettersi, affermando che deve essere l’amico Lombardo a farlo, ma sapendo che difficilmente lo farà. Le parole usate in questo caso riechieggiano quelle del maestro Brunetta: “La violenza con cui i rappresentanti della casta politico-sindacale chiedono le mie dimissioni è proporzionata al bisogno che hanno di mantenere i loro privilegi a spese dei cittadini. Difendono interessi che nessuno prima mai aveva osato mettere in discussione. Poiché ho sempre agito nell’interesse del Teatro. […] Alla Regione, e segnatamente al mio amico Presidente della Regione, spetta la scelta: mi si consenta di portare a compimento l’opera di pulizia e di apertura del Teatro a tutti o mi si rimuova d’autorità. In quest’ultimo caso sarà chiaro a tutti che non si vuole il cambiamento e l’avrà vinta la solita cricca di fannulloni impenitenti che considera le Istituzioni come fosse casa propria.”
–      Nel frattempo preme la scadenza del 6 dicembre, data in cui dovrebbe essere registrato il concerto che la RAI dovrebbe trasmettere a Natale e per cui Stancanelli ha firmato all’insaputa, pare, dello stesso sovrintendente un contratto che rischia di non poter essere onorato.
Non sappiamo ancora come andrà a finire questa grandiosa riscoperta della commedia dell’arte, l’unica cosa che appare chiara è che si tratta dell’ennesimo frutto velenoso della perversa e sistematica occupazione, da parte di questa sedicente classe politica, di tutti gli spazi possibili e immaginabili (Ato, Amt, …), ma è anche lo specchio dell’irreversibile fallimento di una classe dirigente che, nella sua maggioranza somiglia sempre più a un insieme di branchi di lupi che si sbranano a vicenda e, nella sua minoranza, ad una mandria di pecore che aspetta solo di capire da quale di quei branchi si deve, a sua volta, fare sbranare.
Intanto Catania annega in un mare di debiti e il teatro Massimo in uno di ridicolaggine: e i catanesi stanno a guardare!

Argo

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