“L’evolversi degli eventi negli ultimi giorni – il nuovo disegno di legge “Gelmini”, la vicenda dei fondi “Mussi” spariti ovvero dei
Agli studenti medi e universitari, ai lavoratori della formazione, ai coordinamenti della scuola, ai precari della ricerca …
Nell’agosto del 2008 è stata approvata la Legge 133 che taglia 8,5 mld in tre anni alla scuola e 1,5 mld in cinque anni all’università. Con la stessa legge si avvia il processo di privatizzazione dell’istruzione pubblica e si sferra un durissimo colpo nei confronti dei precari della scuola e della ricerca.
Oggi vediamo i primi devastanti effetti prodotti da questi tagli indiscriminati e dall’approvazione della legge 169 (maestro unico, ripristino del voto in decimi e del 5 in condotta): quest’anno sono rimasti senza lavoro circa 50.000 lavoratori della scuola, con un peggioramento generalizzato della qualità del lavoro e dell’istruzione. I licenziamenti hanno infatti prodotto un sovraccarico di lavoro per i docenti rimasti e classi tuttora scoperte; con l’aumento del numero di studenti, inoltre, si genera uno spaventoso sovraffollamento delle classi. Tutto questo determina un netto peggioramento della qualità della didattica e delle infrastrutture scolastiche, già oggi per lo più non a norma, che produrrà scuole sempre meno sicure ed attrezzate.
Il processo di smantellamento dell’istruzione pubblica non passa solo attraverso i tagli. Il Governo sta perseguendo un radicale processo di riforma della scuola e dell’università, orientato alla privatizzazione e alla subordinazione dell’istruzione alle logiche del mercato.
Da questo punto di vista le riforme di scuola e università hanno evidenti elementi di analogia proprio sul punto dell’aziendalizzazione: nella scuola la vecchia figura del Preside è oggi sostituita dalla figura del Dirigente Scolastico (che avrà maggiore autorità su un corpo docente sempre più precarizzato e gerarchizzato al suo interno) e, come sta già avvenendo con i regolamenti attuativi che progressivamente applicano le linee contenute nel ddl Aprea, i Consigli d’Istituto si trasformeranno in Consigli d’Amministrazione con all’interno la presenza di privati ed aziende.
Il ddl Gelmini sull’università va esattamente nella stessa direzione dirigista: si concedono moltissimi poteri al Rettore (votato solo da una parte scelta di docenti ordinari) e al Consiglio d’Amministrazione, ridotto a soli 11 membri di cui almeno il 40% esterni all’ateneo e nominati direttamente dal Rettore, mentre si svuota completamente delle sue funzioni il Senato Accademico. Si regala in questo modo l’università ai privati e Confindustria, i quali così potranno decidere “l’indirizzo strategico” dell’ateneo senza alcun investimento di capitale privato.
Le riforme in corso sferrano inoltre un ulteriore e decisivo colpo all’idea di Diritto allo Studio. Nella scuola aumentano sempre di più i costi a carico delle famiglie: ne sono un esempio il continuo aumento del costo dei libri di testo e delle spese ordinarie di gestione delle strutture scolastiche. Con il declassamento dell’istruzione professionale e degli istituti tecnici si accentua inoltre il carattere classista e regionalizzato dell’accesso alla formazione scolastica.
Sul fronte universitario con il ddl Gelmini, in nome della meritocrazia, scompare il diritto allo studio basato sul reddito delle famiglie e diretto a consentire ai meno abbienti l’accesso ai livelli più alti dell’istruzione. Viene infatti istituito un “fondo speciale per il merito”, che erogherà borse di studio esclusivamente su criteri pseudo-meritocratici e prestiti d’onore che genereranno laureati già indebitati, effetto devastante in un sistema caratterizzato da precarietà, disoccupazione, sfruttamento ed emergenza salariale.
Per quanto riguarda la riforma dei meccanismi di reclutamento, anch’essa presente nel ddl Gelmini, viene definitivamente precarizzata la figura del ricercatore e resa ancora più incerta, ricattabile e subordinata al baronato la carriera accademica di giovani dottorandi e ricercatori.
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