Inusitata, per le nostre abitudini, anche la presenza di personale disponibile e preparato e di una ben curata brochure informativa distribuita all’ingresso, scritta sia in italiano che in inglese, che consente di seguire il percorso di visita, tracciato da paline segnaletiche.
La visita al complesso archeologico, a cui si accede dalla via Vittorio Emanuele, è una sorta di suggestiva passeggiata all’interno della storia architettonica di Catania: il restauro ha infatti conservato, sopratutto per necessità strutturali, gran parte delle costruzioni che nel corso dei secoli sono nate sulle fondamenta dell’antico teatro, mettendo in luce la sua complessa vicenda.
Il percorso perciò è un labirinto un po’ tortuoso, che permette di saltare dallo splendore dell’età classica ai nostri giorni. L’ingresso nel teatro adesso è completamente ripulito e ben tenuto; attraversando i tre livelli dei corridoi (ambulacri) si accede alla Casa del terremoto, che, grazie ad alcune maioliche seicentesche, è stata identificata come antecedente al terremoto del 1693.
Attraverso scale e corridoi (non molto chiari nelle indicazioni, in realtà si procede un po’ all’avventura!) si incontrano alcune sale ancora poco utilizzate, ma che sono allestite per la proiezione di filmati o per ospitare piccole mostre e conferenze.
Arrivati in cima alla cavea si gode innanzitutto di uno spettacolo particolarissimo e un po’ straniante: non solo ci si può immedesimare con coloro che, secoli fa, andavano a vedere le rappresentazioni, ma si ha la singolare visione di un teatro invaso dai palazzi, quasi sommerso e inglobato nella città settecentesca.
Da lì poi si trova l’accesso alla casa Liberti, appartamento ottocentesco che è stato mantenuto intatto, e anzi ricostruito per come doveva essere, per offrire uno spaccato della vita di una famiglia borghese di Catania: un balzo dal II secolo d. C. al 1850: ci affacciamo al balcone con…vista teatro!
Si prosegue la visita ritornando nella cavea, dove si può girare in lungo e in largo (non è molto recintata, come forse dovrebbe essere), e si conclude il giro all’aperto con l’Odeon, un gioiello, anche questo sofferente dell’invasione delle case sovrastanti. Queste sovrapposizioni permettono, però, di immaginare “come doveva essere”, di capire che a Catania c’è molto di più di quello che si vede in superficie.
Il giro termina passando sopra la scaena, in parte piena d’acqua. Si tratta in effetti di un affioramento dell’Amenano, che proprio lì vicino scorre sottoterra. I Romani usavano quelle acque per muovere gli ingranaggi meccanici delle scenografie: spettacolare! Ma ci fosse un cartello che lo spieghi …
Infine alcuni ambienti all’interno, che si affacciano su via Vittorio Emanuele, presentano un piccolo e curato Antiquarium; qui si possono ammirare alcuni frammenti di quella che doveva essere la decorazione marmorea del teatro: fregi, statue e capitelli davvero belli, e ancora poco studiati.
In conclusione: è quasi una cosa seria, ci vorrebbe qualche accortezza tecnica e museologica per rendere tutto più godibile. E magari un po’ di pubblicità, perché certe cose dovrebbero conoscerle gli stessi catanesi.
Interessante in questo senso l’idea – tante (troppe!) volte annunciata e finalmente realizzata – di valorizzare ulteriormente questo gioiello utilizzandolo per spettacoli musicali e teatrali.
Se si pensa poi che, a pochi passi, esiste un altro teatro naturale all’aperto costituito dall’emiciclo di piazza Dante che ha per eccezionale sfondo la facciata della chiesa di s. Nicola, la città può vantare due siti, assolutamente prestigiosi, in cui poter realizzare fior di iniziative culturali estive.
Un’ultima osservazione. Per tutto questo si paga davvero una miseria: pensare di alzare i prezzi per rendere adeguatamente fruibili le nostre bellezze è chiedere troppo?
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