Tratto da: Logiche di un potere siciliano. L’Arra di felice Crosta di Carlo Ruta, in L’Isola Possibile
L’Agenzia regionale per i rifiuti e le acque (Arra), guidata dall’avvocato Felice Crosta (designato da Cuffaro nel 2006), chiuderà i battenti nel 2009. Si tratta di un’agenzia che ha centralizzato molte delle competenze in materia che, precedentemente, appartenevano agli enti territoriali. Inoltre, la sua istituzione ha chiuso la fase dell’emergenza idrica nell’Isola, cui si era risposto con la politica dei commissari regionali.
Un tentativo ambizioso, dunque, che, giunto al capolinea, va sottoposto a valutazione.
Prima di entrare nel merito delle politiche, va ricordato (probabilmente nessuno se ne stupirà) che l’Agenzia “si è distinta, sin dalla nascita, per le spese inusitate del suo funzionamento, a tutti i livelli, a partire comunque dal più elevato. Crosta, che dagli esordi la dirige con piglio decisionistico, è risultato il burocrate meglio pagato in Italia, con un compenso complessivo di oltre 500 mila euro l’anno, pari a circa 1500 al giorno”. Così come non fa notizia il fatto che i tre consiglieri che hanno affiancato Crosta fossero figli di una puntuale applicazione del vecchio “manuale Cencelli”. Del resto, gestire fondi europei per miliardi di euro non è, in Sicilia, attività che possa prescindere dal controllo e dai diktat del governo regionale.
Ma vediamo l’Arra in azione.
La soluzione del problema rifiuti in Sicilia nel 2003, nonostante l’opposizione delle comunità interessate, era stata individuata nella costruzione dei termovalorizzatori. I conseguenti appalti (Gruppo Falck e Waste) furono, però, annullati dalla Corte di Giustizia dell’UE. A questo punto l’ARRA avrebbe potuto, come indicato da tecnici e popolazioni, impegnarsi per individuare vie alternative (peraltro ben indicate nelle direttive europee in materia). Viceversa, si è assistito e si assiste a una politica dei rinvii, che potrebbe preludere alla ricerca di marchingegni per eludere il divieto dell’UE.
Nel 2004 Felice Crosta si occupava di acqua (era commissario straordinario all’emergenza) e fu l’artefice “della maggiore esperienza di privatizzazione dell’acqua nell’Isola, con il passaggio degli acquedotti dall’Eas a Sicilacque”.
La nascita dell’Agenzia avrebbe dovuto garantire questo processo avocando a sé poteri e stabilendo regole valide per l’intero territorio regionale; gli ATO, sotto le direttive dell’Arra, avrebbero dovuto mettere definitivamente ordine nei servizi idrici e nel ciclo dei rifiuti. Le cose sono, però, andate diversamente. L’intera macchina è entrata in crisi con un indebitamento complessivo di quasi un miliardo di euro. Indebitamento al quale hanno contribuito anche i “189 consiglieri di amministrazione che costano ai comuni circa 12 milioni di euro l’anno; una somma analoga che viene destinata a incarichi di consulenza; qualche milione che viene speso addirittura per le auto blu”. Insomma, lo spreco di risorse elevato a sistema.
Da queste brevi note emerge l’intrinsecità dell’Arra al sistema di potere regionale. Viste le emergenze in atto, non è detto che lo scioglimento annunciato, e auspicato, avverrà nei tempi previsti.
Leggi il testo integrale di Carlo Ruta
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